Federico Zampaglione: “Quella sera con mio padre e una chitarra blues…”

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Federico Zampaglione: "Quella sera con mio padre e una chitarra blues..."
Federico Zampaglione_foto di Stefania Rosin

Federico Zampaglione, 50 anni, voce e chitarra dei Tiromancino, fra i gruppi di riferimento della scena musicale indie in Italia a cavallo tra gli anni Novanta e i primi Duemila. Oggi tornano sulle scene con un nuovo tour nei teatri.

Raccontami di questo tour a teatro: com’è nata l’idea di lavorare con l’orchestra?
E’ stata un’idea di Francesca Rubino e Maurizio Caldatori, che volevano fare qualcosa di speciale: nei nostri dischi c’è stata spesso l’orchestra e questo ci ha permesso di collaborare con l’Ensemble Symphony Orchestra, guidata da Giacomo Loprieno. Le prime date sono state un successo e noi ci siamo divertiti molto. È un concerto variopinto, con atmosfere particolari: ci sono gli archi, ci sono le percussioni e io suono parecchio la chitarra. Insomma, un concerto abbastanza inaspettato e molto particolare.

Io spesso associo la musica ad un effetto simile a quello del cibo: mi accorgo se mi piace o meno nel momento in cui ho voglia di ascoltarla nuovamente…
A volte capita di assaggiare qualcosa che lì per lì ti lascia un po’ così, magari perché ha un gusto un po’ particolare che non riesci a capire bene…poi cominci a ripensarci e ti accorgi che ti era piaciuto e lo vuoi gustare di nuovo. Per fare un esempio: La descrizione di un attimo ha avuto questo tipo di effetto sul pubblico, di primo acchito molti non sono riusciti a capire che tipo di pezzo fosse ma po’ ha conquistato sempre più persone e oggi è diventata una delle nostre canzoni più amate e conosciute.

Tuo padre rilasciò un’intervista alla Rai in cui si definì “padre d’arte”: una bellissima dichiarazione d’amore…
Mio padre è forte, io e lui insieme abbiamo scritto tanti pezzi: Tra di noi, L’alba di domani, Amore impossibile. E’ un grande collaboratore, un grande scrittore e una persona che ama veramente la musica.

Un’altra tua perla è stata il film Nero bifamiliare: raccontaci  quell’esperienza da regista.
Quel film aveva  dei momenti ottimi. Era un ibrido: una commedia un po’ spagnola dai tratti un po’ grotteschi, caricaturali, un tipo di approccio che in Italia non è molto sentito, ma una cerchia di appassionati lo ha apprezzato.

La maggior parte dei cantautori parla di amore perduto o di amore ritrovato. Tu in che momento della vita sei?
Nella fase dell’amore ritrovato: sono uscito con Casomai, una canzone dedicata a Gilda, la mia ragazza. Per me questa è una fase di rinascita sentimentale.

Tua figlia ascolta le tue canzoni e viene ai tuoi concerti?

Per i concerti è ancora un po’ piccola, ma le canzoni le ascolta sempre, anche quelle appena sfornate e mi dà un suo giudizio sincero.

Mi racconti un episodio off della tua carriera?  

Una sera con mio padre, quando avevo diciassette anni, andai a vedere Roberto Ciotti in un locale romano perché mi piaceva molto la chitarra blues. Uscito dal locale, dissi a mio padre: «papà io voglio fare questo lavoro da grande!».