Star dietro ai figli oggi è più complicato di una volta, perché il linguaggio è radicalmente cambiato. Essere un buon genitore non significa però solo pretendere che ci sia aria buona, che la città funzioni, che il governo faccia in modo che ci sia lavoro per tutti, che non si gettino i rifiuti per strada o nel mare per creare l’ambiente adatto per progettare il futuro migliore per i nostri figli. Pretendiamo che siano sempre gli altri a fare qualcosa, ma anche noi dobbiamo impegnarci, al di là di pannolini, pappine e biberon, perché educando i nostri figli contribuiamo a lasciare un segno indelebile nell’umanità. Nel bene e nel male, tutti pagheranno le conseguenze di come li educhiamo.
Una volta la conoscenza veniva trasmessa di padre in figlio, ma ora non è più così scontato. In molte occasioni oggi sono i figli a soccorrere i genitori per spiegare come funzionano internet e lo smartphone o come si tagga un amico: devono trovare il tempo per istruire l’ignaro genitore, spiegare come si chatta su Facebook o si posta su Instagram o come si accede a Twitter per seguire Trump. Molti genitori di oggi tendono a essere amici dei loro figli, cercano una comunicazione che eviti lo scontro, con quei no costruttivi che tranquillizzano la coscienza e vanificano la reale costruzione dell’adulto – e soprattutto di una persona educata.
Così non si riesce nemmeno a dire di no, come quando alcuni di questi piccoli troppo precoci a dieci o undici anni pretendono di andare in discoteca a mezzanotte per partecipare ad un concerto trap in mezzo ad una folla scalmanata.
Il ruolo degli adulti, che dovrebbe essere quello di trasmettere l’arte del vivere, costruendo percorsi emotivi nel tempo, indicando semplicemente delle strade, lasciando che i figli fioriscano secondo il loro tempo, le loro capacità, le loro possibilità, di maturare sogni, ma con delle regole che danno sicurezza, la certezza di presenze rassicuranti, quella dei genitori e di contorni, paletti, ben definiti.
Chiediamo un intervento autorevole a Paolo Crepet su questo argomento, visti i fatti accaduti a Corinaldo poco più di un mese fa, fatti che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. Ma tanti sono i casi in cui giovani o giovanissimi sono coinvolti in situazioni particolari, come quello dei quattro ragazzi che hanno malmenato l’autista di un bus a Roma perché aveva fatto notare loro che dovevano pagare il biglietto. Ragazzi che prendono troppo spesso il sopravvento, che decidono loro cosa fare, come farlo e genitori troppo spesso inermi.
Mamme che hanno troppo tempo libero e quindi vivono le vite delle figlie o del figlio prediletto, che decidono che facoltà dovrà intraprendere, chi dovrà frequentare e forse anche chi sposare un giorno. Padri che fanno gli amici o i fratelli maggiori, spesso abbigliandosi come loro. Peggio, quando spariscono e si fanno avvertire solo da qualche soldo e poi utilizzano quella bella frase, “tanto sono solo un bancomat”.

C’è stato un tempo in cui un insegnante aveva facoltà di rimproverare un allievo che straparlava in classe o che non aveva eseguito un compito, ma poi il pupo di casa sapeva con certezza di non avere scampo una volta rientrato, perché avrebbe trovato un genitore che lo avrebbe punito per aver mancato di rispetto al maestro, la cui autorità non sarebbe mai stata messa in discussione.
Effetti indesiderati: oggi molti insegnanti in Italia ricevono una minaccia, un insulto, un improperio da un alunno che si è sentito offeso da un brutto voto o da un genitore incavolato perché il suo tesoro è stato rimproverato.
Certo è che non bisogna sempre cercarli nei bassifondi delle città questi malmenatori, perché spesso sono figli di professionisti e persone benestanti, che credono di aver educato bene i loro cuccioli di uomo, di avere con loro una normale comunicazione, di aver dato loro tutto ciò che serve ai bisogni generali, scuola, giochi, palestra, viaggi, motorino, macchinetta, iPhone, carta di credito per le piccole spese
Sembra che la situazione peggiori col passare del tempo.
C’è un’educazione liquida, senza il principio di autorità. Ricordo che un giornalista di Repubblica,anni fa, quando morì una ragazzina durante un rave-party, mi fece un’intervista, nel corso della quale gli dissi che io i rave-party li avrei vietati e che in quell’occasione avrei mandato la polizia. E lui mi disse: “Non la facevo così reazionario”. Quella battuta di anni fa è ancora oggi nelle mie orecchie come un assurdo rimprovero.
Quando emeriti critici musicali dicono che i rappers devono e possono parlare di tutto, che questa è una censura, parlano di cultura libertaria, nominano i Beatles, i Rolling Stones, non capiscono cosa fanno. Non sto parlando di un cinquantenne e del suo diritto di farsi due canne a casa sua con la musica degli anni Sessanta in sottofondo, io sto dicendo un’altra cosa: una bambina di dieci anni non può andare all’una di notte in una discoteca a sentire uno che parla di sesso orale, di cocaina, di un litro di rum.
Questo non è rap che si basa sul ritmo, sulle rime con testi vari pieni di giochi di parole e allegorie tratti da argomenti di cultura popolare più o meno impegnati, che vogliono dare un messaggio veloce; il trap è un hip hop più duro, caratterizzato da testi cupi e minacciosi, che parlano di criminalità, di disagio, di violenza, di spaccio nei sobborghi delle città.
C’è anche la musica satanista. Ricordo quella suora massacrata vicino Sondrio. Le tre ragazze adolescenti responsabili di quell’omicidio efferato erano adepte di quel cantante inglese satanista Marilyn Manson. Se si parla con tanti genitori e gli si chiede “ma perchè?“, ti rispondono: “ma lei non l’ha mai fatta una cazzata?“. Ovviamente sì, ma non è che sia fiero delle mie straordinarie cazzate! Penso che gli errori che si fanno in gioventù servano per non essere replicati. Non ho nostalgia dell’eroina che correva a fiumi quando ero ragazzo e morivano i miei amici nei sottoscala.
C’è stata anche molta arte: Fontana è stato un sovversivo dell’arte del ‘900 e non si faceva di eroina. Ma che vuol dire, che tutti i migliori sono finiti come Jimi Hendrix a 27 anni in qualche gabinetto di un locale? Legittimiamo l’idea che noi non siamo tramite né interlocutori dei nostri figli, ma siamo semplicemente dei lasciapassare per cui abbiamo pensato che così sia giusto. Abbiamo esagerato, tolto qualsiasi limite. Io credo di avere il terrore all’idea che una ragazzina di 12 anni incominci una vita sessuale totale, perché dentro c’è anche tutto il resto, compreso l’alcol: non credo che da un’esperienza del genere ci si possa aspettare chissà quale futuro Jimi Hendrix o Basquiat o genio di chissà che tipo, credo che la statistica dica che il 99, 99999 periodico di questi qui fanno la figura di uno zero.
Riguardo ai fatti della discoteca di Corinaldo, parlando di me un giovane psichiatra ha detto “almeno il silenzio per i morti”. Ma perché dobbiamo stare zitti?! Io non ero nella chiesa dove si sono svolti i funerali della bambina e della mamma. Se fossi stato lì dentro sarei stato col cappello in mano, ma il mio ruolo era quello di cercare di capire cosa fosse successo.
Venti anni fa, per la tragedia di Novi Ligure me ne dissero di tutti i colori, ma io ero lì semplicemente perché ero in cerca di risposte. Tutto questo ha fatto sì che si vedessero le cose in un’altra prospettiva e le anticipassi, come Pasolini quando commentò l’uccisione di quella ragazza al Circeo. Il caso della famosa Panda del Circeo degli anni ’70, fu uno dei primi tragici eventi dell’arancia meccanica romana, figli di famiglie potenti, tanto è vero che poi scapparono quasi tutti. Pasolini disse che gli assassini veri di quella ragazza non furono solo quei quattro ragazzi, ma la società che li partorì, la società dello spreco, la società del consumismo.
Se vai a vedere questi trapper di oggi, scopri che sono iper iper iper consumisti.
Hanno capito come possono sfruttare la situazione, il momento storico
E lo fanno nella maniera più becera.
Però non si può neanche pretendere che siano loro a educare questi ragazzini. Ma dove sono i genitori?
Ultimo tango a Parigi, uno dei capolavori della storia del cinema, non poteva essere visto da una bambina di dodici anni. Eravamo tutti d’accordo che fosse giusto così.
Internet è stato un cambiamento antropologico, perché ha prodotto una pedagogia senza le età: come se un bambino della seconda elementare leggesse un libro dell’università o un universitario leggesse un sussidiario. Internet ha realizzato con il nostro consenso l’uccisione dell’età evolutiva. Anch’io sono in evoluzione, la vita stessa è evolutiva.
Esistono limiti biologici, morali, psicologici: dobbiamo abolirli? Qual è il guadagno? Uno solo: la comodità, nessuno deve fare più fatica. I genitori devono solo dare i soldi, non si devono più preoccupare del figlio, sapere dove va e cosa fa. Il consumismo di cui parlava Pasolini non era niente in confronto.
L’idea della libertà non è il poter sognare, è poter fare quello che ti pare contro qualsiasi idea anche scientifica. Una donna a sessant’anni può partorire se ne ha voglia. Due lesbiche di 70 anni vogliono un figlio, lo possono fare. Tre persone vogliono sposarsi fra loro, lo facciano. Non c’è alcun limite.
Ma quando è iniziato tutto questo?
Con i soldi. Perché tutto questo ha un risvolto mercantile. Se un bambino diventa un buyers, aumenta il mercato. I tasti dei telefonini erano troppo piccoli e quindi tutta la fascia degli anziani era fuori mercato. Allora hanno fatto i telefonini con i tasti più grandi: ecco che anche i nonni sono stati tirati dentro, un mercato nuovo che si apre, nuovi buyers. Noi dobbiamo diventare dai zero ai novantanove anni dei buyers.

Se prima ero sconfortata, adesso lo sono di più…
Perché tante signore vanno a rifarsi totalmente, anche al di sotto di una certa età, quando non ne hanno bisogno? Una bellezza ostentata in ogni modo possibile anche se fa ridere. Perché ci sono delle signore che non si guardano allo specchio? Sono molto rare le donne straordinariamente belle come la Cardinale, poi naturalmente invecchiate.
Questa è una transizione terribile. Quando il buon senso di qualcuno diventa senso comune per tutti è un problema, perchè “così fan tutti”. Perchè, che male c’è se uno di dodici anni fa quelle cose, che male c’è se si ubriacano tutti, che male c’è se si rifanno tutte, che male c’è se fumano tutti marjuana. Negli anni ’70 l’LSD c’era su tutti i tavoli dove si andava in Grecia, ma mio papà e mia mamma non mi mandavano in Grecia a 14 anni, mentre io ho visto 13/14enni mandati a Ponza a fare la stessa vita che io facevo a 23/24 anni in Grecia. Abbiamo spostato, anzi tolto l’età evolutiva. Ci dà fastidio che ci sia qualcosa di graduale, perché la gradualità vuol dire regola e noi non dobbiamo essere regolamentati dalle regole.
C’è una rinunzia della genitorialità. Forse è un impegno troppo oneroso…
Avremo un mucchio di galline grasse cui abbiamo dato tanto mangime, che si accontenteranno di quello che c’è e che non usciranno mai dal pollaio: i figli della bella borghesia romana con i soldi in tasca, che devono consumare.
Perché fare figli a questo punto? Non se ne può fare a meno?
Infatti ne facciamo al minimo e fra qualche anno ci sarà un kit. Hanno già creato due essere viventi immuni all’AIDS, esperimento che è stato fermato, ma il cancello è già aperto.
Beh, dobbiamo andare su Marte, bisogna immaginare esseri viventi in grado di affrontare lunghi viaggi e che possano un giorno vivere su un altro pianeta.
Anni fa, quando la biotecnologia non era così perfezionata com’è oggi, c’erano dei programmi della CIA per costruire il soldato perfetto, senza senso di colpa. Anche se noi siamo persone influenzate dalle nostre relazioni e dal nostro genoma, sicuramente questo avverrà, con le conseguenze del caso e con una provetta.
@vanessaseffer