Ieri è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Sinceramente mi inorridisce pensare che nel 2018 ci sia ancora bisogno di giornate come questa. Pensare che una donna su tre subisce violenza mi rattrista come figlio, come individuo ma soprattutto come uomo. Così avanti ma ancora così indietro. Spesso la violenza nasce all’interno delle pareti domestiche, una violenza subdola, psicologica che si insinua come un cancro a cui non c’è terapia. Tantissime sono state le manifestazioni di sensibilizzazione per far si che questo scempio possa vedere la fine.
#nonenormalechesianormale è stato tra gli hashtag trend topic della settimana su tutti i social network. Personaggi del mondo dello spettacolo, sportivi, politici, gente comune che tutti insieme hanno aderito all’iniziativa disegnandosi un segno sul viso. La metafora di quel livido che troppo spesso non è né virtuale né una metafora ma pura cattiveria e realtà.
Anche io nel mio piccolo ho aderito all’iniziativa e anche sui miei social è apparso il mio volto solcato dal segno rosso.
Purtroppo la domanda che mi pongo è sempre la stessa: a cosa serve? Giustissima la sensibilizzazione, giustissimo rimarcare il concetto che chi ti ama non ti picchia, ancora più giusto sottolineare che un uomo che abusa di una donna non è un uomo. Tutto molto giusto. Fin troppo. Quante volte dobbiamo ancora scendere in piazza? A quante altre campagne solidali dobbiamo aderire per far si che le istituzioni si sveglino? Dov’è la legge? Come possiamo parlare di lotta alla violenza se la legge stessa ha degli intoppi disumani?
Vorrei che ci fossero non solo pene più severe ma che si potesse intervenire in tempo per evitare il peggio. Vorrei che tutte le donne si sentissero libere e forti di denunciare con la consapevolezza di essere protette dallo Stato. Vorrei che le donne, una volta denunciata una violenza, non debbano vivere nel terrore di incontrare colui che ha fatto loro del male e che purtroppo, nonostante la denuncia, continua a fargliene.
Possiamo dipingerci il viso di rosso, di viola o di marrone, possiamo scendere in piazza anche tutti i giorni per gridare che la violenza sulle donne è qualcosa di orrendo ma fin quando lo Stato non prenderà provvedimenti seri, la violenza sarà sempre un dato di fatto. Bisogna intervenire fin dal primo campanello di allarme. Troppe storie, troppe testimonianze ci hanno raccontato che nonostante le ripetute denunce i loro molestatori non si sono fermati. Donne sfregiata dall’acido, mutilate, offese. Sono le donne che, nonostante tutto, oggi possono raccontare la loro storia. Triste. Orrenda. Però la possono raccontare perché sono ancora vive. Quante donne non possono più fare questo? Troppe. “Mi telefona, mi minaccia, mi ha strattonata, vuole che torni con lui, ha detto che se non torno con lui mi ammazza.” Queste sono spesso le frasi che molte donne sono costrette a raccontare nei commissariati di polizia e carabinieri. Cosa accade? Spesso il giudice emette un provvedimento che prescrive il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché alla persona stessa. Ca va sans dire … Non basta! Il più delle volte il mostro arriva fino alla fine.
Il mio plauso va a tutte quelle Associazioni che giornalmente, seppur con mezzi limitati, danno supporto alle donne vittime di violenza, un supporto psicologico e spesso anche materiale, così come il mio plauso va all’onorevole Mara Carfagna per l’impegno sociale e per l’ultima campagna di sensibilizzazione.
Mi piacerebbe, domani, poter dare il mio plauso allo Stato e alla legge italiana. Mi piacerebbe domani poter dire: se una donna denuncia una violenza, che sia psicologica o fisica, la legge sta dalla sua parte. Se un donna denuncia un abuso colui che l’ha offesa finisce in carcere. A tutte le madri, figlie, sorelle e donne scomparse per violenza vanno le mie profonde scuse.