Mogol: “Quando Battisti prendeva la chitarra..”

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olycom - mogol - TRASMISSIONE MUSICALE RAI "SCALO 76" - NELLA FOTO MOGOL
Ph Denise Ubbriaco

Giulio Rapetti Mogol è il più grande poeta della musica italiana. Un uomo umile e profondo. Nei suoi testi, riesce ad immortalare attimi di vita, come in una fotografia. Racconta verità umane, emozioni quotidiane, pensieri intimi, come se si stesse confidando con un amico. Oltre millecinquecento canzoni pubblicate e grandissime collaborazioni. La sua storia è ormai leggenda! I suoi brani accompagnano la nostra vita, lasciando un segno profondo in ognuno di noi. Nello spettacolo Mogol racconta Mogol, attraverso canzoni, aneddoti ed emozioni, Mogol regala al pubblico una narrazione appassionata, accompagnata dall’interpretazione delle sue indimenticabili canzoni, a partire da Lucio Battisti fino ad oggi. Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Belluscio in occasione del Festival Euromediterraneo di Altomonte.

Dopo tanti successi, chi è oggi Mogol?

Sono io! Sono sempre rimasto me stesso.

Mogol racconta Mogol. La vita professionale di un artista attraverso le canzoni che hanno segnato un’epoca. Uno spettacolo carico di emozioni. Di che si tratta?

Mi vengono rivolte delle domande ed io rispondo, parlando delle canzoni che canteranno e cercando di spiegarne il senso. C’è sempre un senso più profondo di quello che appare. La gente percepisce il senso, ma a volte raccontando le motivazioni per le quali sono state scritte quelle canzoni, le gradisce molto. Io racconto la verità. Nei miei testi, racconto fatti di vita, non fiction!.

Ha costruito il Cet (Centro europeo tuscolano), una scuola dedicata alla formazione degli artisti.

Una scuola molto importante in Europa. L’ho fatta perché ho capito che la cultura popolare sarebbe andata in recessione. Ormai, fanno tutti dischi. Purtroppo, chi fa i dischi e trae profitto da essi, non sempre trasmette le canzoni più belle.

Il suo parere sulla musica attuale? Perché molti giovani hanno una breve vita artistica e scompaiono subito nel dimenticatoio?

Il problema è che quando fanno i reality, si presentano giovani che non sono ancora artisti. I reality non sono scuole. Hanno un atteggiamento simile a quello delle scuole, ma mancano i docenti. Manca il sapere. Dunque, questi ragazzi arrivano, diventano anche noti, ma diventare artisti è una cosa diversa. Il CET, la nostra scuola, invece, forma gli artisti come Giuseppe Anastasi, Arisa e tanti ragazzi veramente preparati. Bisogna studiare. Noi facciamo più fatica a formare coloro che hanno già fatto altre scuole, rispetto a coloro che non hanno mai studiato, perché cambiano i sistemi didattici. E’ come imparare a sciare in un modo e dover imparare a farlo in un modo diverso. E’ difficile insegnare un nuovo metodo.

Ha firmato tantissimi successi.

Ho scritto 150 successi. La SIAE mi dice che ho venduto 523 milioni di dischi. Una cifra spaventosa. L’ho chiesto tre volte, perché non ci credevo. Pare che abbiano avuto tutta questa diffusione nel mondo.

Ph Denise Ubbriaco

C’è un aneddoto off che vuole raccontarci?

Non ho una grandissima memoria. Ci sono scene che sono rimaste nella mia testa. Quando avevo quattro anni, ricordo che per farmi uno scherzo mi hanno messo sotto il lavabo della cucina, tirando una tendina e dicendomi che era arrivato l’uomo cattivo. Ero terrorizzato! Mai scherzare con i bambini, perché i bambini ti credono.

Ha scritto testi per Mina che neppure ricorda di aver scritto per lei. E’ vero?

Un giorno, ho letto sul giornale che chi ha scritto il maggior numero di canzoni per Mina sono stato io. Sono 28. Io non le ho mai contate. Sicuramente, ci credo anche perché ho una memoria così labile. Ogni tanto, faccio serate con il mio amico Ugo Mazzei e lui fa degli scherzi. Mi presenta una canzone e mi dice: «Ti piace? L’hai scritta tu!».

Un periodo o un momento dedicato alla musica che ricorda con maggiore emozione?

La vita è una continuazione di giorni che si susseguono, di soddisfazioni. Non c’è un momento particolare. C’è un divenire. Si dimenticano persino le tappe. Posso dire che sono un uomo molto fortunato, perché trovo un affetto incredibile da parte della gente. E’ molto appagante!

Parliamo di Lucio Battisti. Un sodalizio durato circa 15 anni. Il ricordo più bello di Lucio?

Quando prendeva in mano la chitarra, arrivava quella settimana all’anno a suonarmi una canzone al giorno ed io scrivevo i testi. Poi, gli spiegavo il significato dei testi, perché lui me lo chiedeva. Lui tornava la mattina dopo e la sapeva a memoria.

Il suo brano preferito di Lucio Battisti?

Non c’è. Le pongo io una domanda. Preferisce Pensieri e parole, I giardini di marzo o Emozioni? Vede? Pensi che ne dovrebbe aggiungere altre 40, 50 o 100.

Mi parli del suo impegno nel sociale.

Mi occupo anche di autistici con mia moglie che ha fondato l’associazione L’emozione non ha voce. Abbiamo radunato tutti gli autistici con i loro genitori e ci ha ricevuto il Papa. Mia moglie è il motore di questa associazione ed io sono il padrino. Noi cerchiamo di aiutare chi ha bisogno con molto piacere. Ho scritto una canzone, Anche per te, che racconta le storie di donne che avrebbero bisogno di essere aiutate e che, invece, alla fine la maggior parte della gente non ne ha il tempo, però il desiderio rimane.

Si può imparare a scrivere canzoni?

Si può imparare tutto nella vita, quando ci sono l’insegnante giusto e la passione.

Quali sono le peculiarità che deve avere un artista?

L’artista deve avere grande passione per apprendere e le didattiche giuste. Due cose che creano l’artista.

Un consiglio che vuole dare ai giovani?

Bisogna studiare con le didattiche di persone che sanno profondamente. Il 30 settembre, parto per Boston perché l’università di Berkeley mi chiama per ascoltare la mia didattica, ascoltare le mie lezioni e ci sarà un concerto.