Al posto di programmi vaghi, il nostro federalismo culturale

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Nel contratto di governo stipulato da Lega e Movimento 5 Stelle, alla Cultura è stato riservato uno spazio minimo e anche le indicazioni che si davano sono apparse vaghe e generiche (se si eccettua un riferimento preciso al FUS, il fondo unico per lo spettacolo).

Immaginiamo che la politica abbia altre priorità (economia, lavoro, immigrazione…), ma un poco ci dispiace perché volendo e dovendo “rifondare” un Paese crediamo sia necessario ripartire proprio dal patrimonio culturale, che è innanzitutto un giacimento di identità e senso, specie in Italia.

D’altronde ci sentiamo parte di una patria o di patrie singolari in quanto eredi orgogliosi di una antica grandezza, detentori coscienti di una bellezza, di paesaggio e arte, che da duemila anni si accresce senza soluzione di continuità.

Fatta questa precisazione, siamo convinti che spetti al nuovo ministro, Alberto Bonisoli, dare seguito e corpo alle vaghezze delle linee programmatiche, contemperando le esigenze di conservazione a quelle di valorizzazione.

Se sul tema della conservazione è giusto ribadire, come ha detto il ministro, la necessità di una maggiore spesa pubblica, essendo l’Italia una delle nazioni che investe meno per la cultura, sul tema della valorizzazione, al contrario, devono essere aumentati gli spazi di libertà, così che i cittadini e le aziende possano contribuire con nuove energie economiche e progettuali.

Come rete di #Culturaidentità, in questi mesi, abbiamo elaborato una serie di proposte concrete, per esempio in tema di defiscalizzazione e tax credit, utili per un cambiamento di paradigma.

In senso liberale, la defiscalizzazione degli investimenti ha come risultato di modificare i centri decisionali e di potere, spostandoli dallo Stato, dalla burocrazia e dalla politica (di solito inefficienti) ai cittadini.

I cittadini decidono dove investire, decidono i beni culturali meritori, decidono dove indirizzare le risorse o le liberalità, lo Stato restituisce ai cittadini mediante crediti di imposta.

In questo senso, si attuerebbe anche una sorta di federalismo culturale e di sana competizione che fin dall’antichità è stata la vera leva di sviluppo del nostro territorio.