Strabuttanissima Sicilia è una fiaba veritiera raccontata dall’istrionico Salvo Piparo e dalla talentuosa Costanza Licata, musicata da un artista di tutto rispetto come Ruggero Mascellino e interpretata dai pupi del maestro Nicola Argento. Spettacolo scritto da Peppino Sottile e dal Suo ispiratore Pietrangelo Buttafuoco, che già nel suo libro scriveva della Sicilia: “dei fiori scozzolati e dei bastardoni assicurati, dei pupi e dei pupari, delle arance di ’nterra, dei furbi e dei fessi, non è più Buttanissima, è di più: ancheggiante nonostante le ferite; ammiccante seppur stuprata. Strabuttanissima è”.
Il mattatore Salvo Piparo con la sua palermitudine non le manda a dire e fa sbellicare nei teatri di Palermo e Catania, pur raccontando senza mezzi termini di una Sicilia delle ombre, di quel triste e amaro teatro di mafia e antimafia, mentre sullo sfondo scorrono le fotografie dei più grandi capimafia, quelli con “la scrima” come li apostrofa il nostro: «In teatro raccontiamo la verità, fuori è tutta una finzione».
In questa dichiarazione di Salvo Piparo c’è tutta l’essenza dello spettacolo: Strabuttanissima Sicilia restituisce una visione chiara e lucida dell’attualità in Sicilia, degli inciuci dei palazzi della Regione, dell’abuso di potere da parte dei magistrati. Incanta il pubblico con il cunto, da abile cantastorie ricordando nella mimica il grande attore siciliano Gigi Burruano, suo indimenticato mentore.
«Bisogna sapere bene chi si è, bisogna avere le idee chiare», spiega Salvo, per riuscire a raccontare al pubblico in sala questo album di fotografie impietoso, senza trucchi, grottesco e irriverente, mentre le sagome in bianco e nero di Crocetta, Lombardo, Cuffaro, Micciché, Musumeci, Ingroia e Saguto sembrano delle macchiette.
Una favola satirica intervallata dalla voce straordinaria di Costanza Licata che con i suoi ritornelli in puro siciliano completa la rappresentazione. Alla fine un pubblico unanime plaude a questo cavaliere della tavola rotonda che, audace e valoroso, ha il coraggio di spiattellare nefandezze e abusi dei politici siciliani e ti avvii soddisfatto verso l’uscita, eppure si scorge quasi un disagio nell’incrocio tra sguardi e un retrogusto amaro e acre ti allappa la bocca.