Con Livia Marin alla Triennale la ceramica…perde forma

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Livia Marin, Nomad Patterns (I), 2015, ceramica, resina, gesso, transfer-print, 25x16x6,5 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra
Livia Marin, Nomad Patterns (I), 2015, ceramica, resina, gesso, transfer-print, 25x16x6,5 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra
Livia Marin, Nomad Patterns (V), 2015, ceramic, resina, gesso, transfer-print, 100.5x33x25 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra
Livia Marin, Nomad Patterns (V), 2015, ceramica, resina, gesso, transfer-print, 100.5x33x25 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra

Alla Triennale di Milano prende forma (o perde forma, a seconda dei punti di vista) il quarto appuntamento della rassegna artistica espositiva Materialmente, una serie di cinque mini mostre, nate da un’idea di Angelo Crespi, atte a presentare le opere di cinque giovani artisti in ascesa nel panorama internazionale. Il quarto appuntamento è Al limite della forma di Livia Marin, giunto in Triennale dopo Popcellana, Animali incartati e Biological rules, susseguitisi a partire da ottobre 2017 fino a pochi giorni fa.

L’artista nasce in Cile nel 1973, ma grazie alla collaborazione con Liquid art system (L.a.s.) , un “brand” di gallerie capitanato da Franco Senesi che propone un approccio “glocal” alla promozione dell’arte contemporanea, Livia Marin è un’artista ormai italianizzata e a sua ricerca basata sulla materia, la costituzione e la dissoluzione della forma sembra in perfetta sintonia con il titolo del ciclo espositivo basato sull’handcrafting che si fa arte.

Livia Marin, Nomad Patterns (I), 2015, ceramica, resina, gesso, transfer-print, 25x16x6,5 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra
Livia Marin, Nomad Patterns (I), 2015, ceramica, resina, gesso, transfer-print, 25x16x6,5 cm, Liquid Art System /Capri / Positano / Istanbul / Londra

Marin non esita a “giocare” con i materiali, arrivando a creare una sovrapposizione visiva e concettuale tra solido e liquido, sciogliendo di fatto ciò che dovrebbe essere solido e solidificando ciò che apparirebbe come liquido. Livia Marin esplora nel suo lavoro oggetti dei quali indaga le possibilità di utilizzo, con particolare attenzione alla relazione che l’uomo intrattiene con essi, spesso stravolgendone il significato e rendendo unico qualcosa che oggi risulta “standardizzato dal mercato”.

Osservando la liscia porcellana imprigionata nelle teche di cristallo, ormai per metà disciolta, ci si fa in maniera intuitiva e quasi subito un’idea sommaria del messaggio che l’artista vuole veicolare: le nostre certezze di tutti i giorni, rappresentate da oggetti quotidiani e familiari, si sgretolano e perdono la loro forma pur mantenendo la loro essenza, data dal mantenimento dei ricami e delle decorazioni che li caratterizzano. Si può affermare dunque che al centro del lavoro vi sia un idea di “estraniamento”, volta ad uscire dall’abitudine e a ribaltare la certezza della routine quotidiana regolata da meccanismi ampiamente prevedibili.

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