Un Brecht inedito al Filodrammatici fra amore e politica: dramma o commedia?

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Trommeln in der NachtAveva solo ventiquattro anni Bertolt Brecht quando mise in scena per la prima volta la sua opera più matura, Tamburi nella notte, forse la più ambigua e meno convenzionale fra tutte. Fino al 15 ottobre al Teatro Filodrammatici di Milano, l’adattamento di Francesco Forgia, con la versione scenica (splendida) di Emanuele Aldrovandi e i ragazzi dell’Accademia, ne esalta l’utopia e la potenza espressionistica.

La storia è nota: lei ama lui, lui parte per la guerra, lei ama un altro, lui nonostante fosse dato per morto ritorna, lei è incinta dell’altro, lui e l’altro se la contendono. Il tutto nella Berlino del 1918 che si prepara alla rivolta spartachista guidata da Rosa Luxemburg in cui ideali politici e amori non sempre riescono a combaciare come nei drammi più convenzionali, lasciando che sia il sogno piccolo borghese a trionfare sullo spirito rivoluzionario.

Un dramma mascherato da commedia d’azione accompagnato dal rullo dei tamburi e dall’incedere incerto di stivali pronti ad essere venduti per tre soldi, dove lui è un non-personaggio orgoglioso e disperato e l’altro un arricchito cafoncello perennemente pallido in un epoca d’ideali realizzabili prima del grande disimpegno contemporaneo.

La rilettura di Forgia ne sublima la dimensione collettiva sforbiciando qua e là nonostante i singhiozzi di un cast pronto solo in parte che delega la ritrattistica dei personaggi a una memoria (almeno la mia) che inizia a perdere colpi.