Dopo le mostre a Milano e Como l’abbiamo rivisto settimana scorsa a Padova all’ottava edizione di Future Vintage, primo e per ora unico festival sulle tendenze contemporanee della moda e della comunicazione che strizza più di un occhio all’arte contemporanea, al design e alla fotografia. Tu chiamalo lifestyle se vuoi. “1980-2030, le coordinate temporali di un percorso inedito”, questo il payoff ufficiale, “arte, moda, design di un passato che non è mai stato così avanti” e insomma: le connessioni fra i passati possibili e i futuri altrettanto possibili. Ecco allora che Maurizio Temporin, regista, scrittore, sceneggiatore visionario e còlto, che ha da poco fatto il suo ingresso nel pazzo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo delle arti visive con le sue Cinestesie, non poteva non esserci, in quella specie di altroquando ubicato in qualche luogo nel tempo, con una mostra curata da Francesca Martire. Ma di cosa stiamo parlando?, si chiederà il rispettato lettore. Le Cinestesie di Temporin sembrano vecchi manifesti cinematografici venuti da chissà dove e chissà quando, pezzi unici di un museo del cinema nell’altrove assoluto, un cinematografo alternativo, fantastorico, fatto di carta e appeso al muro, la finestra che Leon Battista Alberti voleva aperta sulla pittura e che qui invece dà su una realtà ipotetica, basata sul “come sarebbe se”: se la storia del cinema -e del mondo- fossero andate diversamente, i grandi registi avrebbero realizzato film diversi da quelli che conosciamo. Questo è quello che raccontano le Cinestesie, una semantica visuale dei mondi possibili dove passato e presente s’intrecciano in un’eterna ghirlanda mentre il cineasta sei tu che guardi, come uno strepitoso Milo Manara che non ha resistito alla tentazione di “entrare” nella Cinestesia Nightmate before Christmas Miyazaki/Temporin re-visited.
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