LEGGI: “IO E QUEL TELEVISORE. VI RACCONTO DI QUELLA VOLTA CON FIORELLO”
«Siamo in sala prove, stiamo montando uno spettacolo che ci diverte». È un’estate di lavoro per Silvia Salemi, impegnata a preparare, insieme ai suoi musicisti, il nuovo tour. La cantautrice siracusana annuncia con entusiasmo ed emozione il progetto che la vedrà impegnata in questi mesi. Un progetto che non è come gli altri: tornerà a cantare dal vivo per presentare il suo ultimo album, intitolato “23”, come i suoi anni di carriera. Il disco è arrivato a dieci anni di distanza dal precedente “Il mutevole abitante del mio solito involucro“, e contiene dieci brani, otto dei quali inediti, a metà tra il pop e il cantautorato moderno, contraddistinti da sonorità attuali e da un mix equilibrato tra suonato e sintetico.
Silvia, “23” è l’album che segna il tuo ritorno discografico. Cosa è successo in questi dieci anni di assenza?
In questi dieci anni sono cambiati il mondo discografico e la mia vita. Ho deciso di fermarmi per metter su famiglia in un momento caldissimo, perché venivo dal successo del Sanremo del 2003. E invece nel 2007 ho fatto l’ultimo disco e mi sono presa una pausa. Ho fatto quello che sentivo, seguendo il mio istinto di donna e di madre. Nel tempo ho poi avvertito la necessità di tornare ad esprimermi artisticamente. Le mie figlie nel mentre sono cresciute, perciò mi sono ritrovata a poter decidere di rientrare. Questi dieci anni sono comunque passati nel segno della crescita personale e professionale perché quando riempi il tuo percorso di significato è normale che nelle tue canzoni hai qualcosa da dire.
Dicevi che in questo decennio il mondo discografico è cambiato. In che modo?
Il grande passaggio al digitale si era già visto nel ’97, con l’avvento dell’mp3, fino ad arrivare al consumo più veloce della musica. Se prima bisognava aspettare a lungo per avere un disco tra le mani, adesso lo si ascolta direttamente sul telefonino. Sicuramente è bellissimo che la musica possa arrivare a tutti, ma il problema è la rapidità con cui consumiamo e cestiniamo il prodotto discografico. In questo modo i giovani talenti non hanno il tempo di esprimersi, ci vorrebbe maggior rispetto per loro.
Perché questo per te era il momento giusto per ritornare?
La musica deve tornare quando è pronta, quando c’è un gruppo di lavoro che ti dà quello che cerchi a livello artistico, e non quando la logica commerciale lo richiede. Tornare prima di questo momento sarebbe stata una forzatura, non avevo il sound che volevo. Soprattutto, dovevo aspettare di avere dei pezzi che mi raccontassero con verità.
Che disco è “23”?
E’ un disco che racchiude il mio amore per la musica e il mio stile di vita. E’ un disco del cuore, della maturità, che, appunto, non ha imposizioni di tipo commerciale. E’ il frutto di una persona diventata consapevole che nel seguire il percorso del fare musica non bisogna prestare attenzione alle classifiche o domandarsi se un pezzo è o meno radiofonico. L’album va consegnato al pubblico per diventare verità per chi l’ascolta. Se non l’ascolta nessuno hai toppato, ma almeno sei stato onesto con te stesso.
A proposito del percorso del fare musica, il tuo quando ha avuto inizio?
Avevo tre o quattro anni quando ho iniziato a cantare e da lì non mi sono più fermata. Da bambina cantavo avendo sempre con me un piccolo registratore con cui riascoltavo la mia voce, cercando di modularla. Al contempo scrivevo canzoni. Sognavo di stare su un palco, di essere ascoltata da qualcuno e di fare di questo non un mestiere ma un percorso di vita che continuasse nel tempo. E così è stato: oggi sono passati 23 anni dal mio primo Castrocaro.
Il successo è esploso con “A casa di Luca”. Quando l’hai scritta avevi la percezione della forza di questa canzone?
Me ne sono accorta quando l’ho cantata per la prima volta sul palco dell’Ariston, durante le prove. In quel momento ho visto che i giornalisti e gli addetti ai lavori presenti prima sono rimasti incantati e poi hanno iniziato a parlare tra loro. Mi hanno detto che era una canzone con una bella melodia, che avrebbe sfondato. Io ho risposto: “Vedremo” poiché ci credevo fino a un certo punto, volevo vedere la reazione del pubblico. Poi, in effetti, questa canzone non si è più fermata. Quest’anno ricorre il suo ventennale e per l’occasione l’ho inserita nel nuovo album ma in una versione completamente nuova, adatta al 2017.
In questi anni nella tua carriera è entrata anche la televisione.
Sì. Ho partecipato ad alcune trasmissioni come “Music Farm” e “Tale e Quale Show”. Con programmi come “Piccole luci” o con lo spazio “A casa di silvia”, il martedì nell’ambito di “La vita in diretta”, mi sono messa in discussione ancora di più con la conduzione. Inoltre, mi sono confrontata con tematiche serie, importanti, con storie profonde. E’ una grande responsabilità, bisogna raccontale con rispetto, senza essere invadenti. Al momento musica e televisione sono due strade parallele, mi piace percorrerle entrambe perché mi permettono di arrivare al pubblico, di portare, ognuna a suo modo, storie alle persone. In futuro chissà, magari il cammino nella musica si fermerà e continuerà quello nella tv, o viceversa.
In passato hai detto di no a “Domenica in”.
Mi era stato proposto di co-condurla. Poi è stata scelta Romina Mondello. Avevo solo vent’anni e questa proposta mi arrivò addosso come un treno che ti investe. Ma sono rimasta con i piedi per terra, sono stata umile da capire e rispondere che ci voleva più tempo e studio per accettare una conduzione televisiva. Oggi, col senno del poi, posso dire di aver fatto bene perché buttarsi è giusto ma ci vuole anche un minimo di esperienza. Altrimenti si rischia l’improvvisazione.
Ti avevano proposto anche di diventare attrice.
Mi era stata offerta una fiction da una delle più grandi case di produzione italiane. Erano cinque puntate su una rete Mediaset, improntate sulla storia di una ragazzina che da un paesino arriva a Sanremo e lo vince. Non me la sono sentita. Avevo 19 anni e quando mi hanno proposto questa fiction fatta su di me senza saper recitare ho avuto la lucida umiltà di rifiutare perché non sono un’attrice. Oggi dico che posso imparare tutto.
Imparare anche a recitare?
No, non ho mai pensato di farlo con impegno. L’ho sempre visto come un mestiere che non si può improvvisare. Neanche la conduzione si improvvisa, ma abbiamo visto tanti cantanti, da Mina alla Pausini, che giocando ci hanno provato. Recitare è un lavoro di grande impegno e studio.
C’è una scelta artistica di cui ti sei pentita?
Di errori sicuramente ne ho fatti e ne farò. Valutazioni sbagliate, cantonate…ma sono serena riguardo alle scelte fatte perché le ho sempre prese seguendo un “istinto ragionato”. Non potrei disconoscerle perché in quel momento erano coerenti con ciò che sentivo.
Sei stata testimonial di una campagna contro il bullismo. E’ un momento complicato per essere genitori. Quali insegnamenti dai alle tue figlie?
Il bullismo è sempre esistito, anche ai miei tempi o a quelli dei miei genitori. Ovviamente, avendo due figlie, non posso chiudere gli occhi di fronte a questo problema. Cerco di restare equilibrata, di ascoltare molto, di cercare di capire cosa c’è dietro uno sguardo o un silenzio, e di parlare molto con loro. Per ora vigilo, poi ci sarà un momento in cui andranno per la loro strada con le proprie gambe e spero si sapranno difendere da sole.
Tu che bambina sei stata?
Sono cresciuta in Sicilia, che ho lasciato a diciotto anni. Ho vissuto un’infanzia che mi ha fatto acquisire il passo di chi deve saper stare al mondo. I miei genitori lavoravano entrambi e io, fin da quando avevo otto anni, li ho sempre aiutati nelle piccole faccende. Ero una donnina di casa, ho fatto più di quello che avrebbe fatto qualsiasi bambino di quell’età. Questo mi ha portato il vantaggio di essere più matura. Quando devi fare i compiti da sola, aiutare la mamma in casa, contare solo sulle tue forze perché i genitori tornano tardi, impari a fare l’iscrizione in palestra, a ritirare il pane ed a saper fare una serie di cose che i nostri bambini, iper-protetti e seguitissimi, non farebbero mai. Le mie figlie non sono mai scese a prendere un litro di latte, e una ha quasi dodici anni.
Carlo Conti l’anno scorso ti voleva a Sanremo. Potresti tornarci il prossimo anno?
Sono uscita con questo disco d’estate perché volevo che le canzoni fossero libere anche dalla logica di Sanremo. Il festival è la più importante manifestazione della nostra musica, gli devo tutto e ci tornerei, ma solo con la canzone giusta. Altrimenti diventa la passerella di una settimana, di cui non resta nulla. Bisogna avere l’intelligenza di farlo quando hai un brano che veramente ti convince.