Paladino: “I premi nel mondo dell’arte contano meno di niente”

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dallaPittore, scultore, scenografo, incisore e regista, Mimmo Paladino non saprebbe proprio immaginare la sua vita senza l’arte. «Ho sempre vissuto in mezzo ai pennelli e desiderato seguire le orme del mio zio paterno», ci racconta. Classe 1948, primo artista italiano contemporaneo a esporre in Cina nel 1994, è protagonista a Brescia fino al 7 gennaio 2018 di una mostra a cielo aperto di 72 opere, intitolata «Ouverture». «Sono molto legato a questa città, perché 40 anni fa vi ho tenuto la prima personale importante», chiarisce. E intanto sta girando il suo secondo film, «Ho perso il cunto», tre episodi sceneggiati da Aldo Nove girati tra Napoli e Benevento.

Mimmo Paladino, è cambiato rispetto a quando era ancora un artista OFF?
No. Il mio approccio all’arte è rimasto immutato nel tempo. Severo e disciplinato, convinto dell’importanza del rigore, amo lavorare con la luce naturale. Così, alla fine, anche se non mi impongo orari rigidi poco dopo l’alba mi ritrovo sempre in studio. E lo stesso vale per la mia vita privata: ero e resto un uomo semplice, un tipico meridionale attaccatissimo alla famiglia e agli amici.

A proposito di amici: sono passati cinque anni dalla morte di Lucio Dalla, che aveva voluto neiPaladino 4 panni di Sancho Panza nel suo primo film Quijote…
Lucio era geniale, sornione, imprevedibile e irresistibile. Anche se resterà per sempre tra di noi attraverso le canzoni, nella vita di tutti i giorni mi mancano le sue telefonate negli orari più impensabili, le visite improvvise e quelle lunghe chiacchierate. In compenso, mi ha regalato un nuovo amico: Francesco De Gregori, uomo colto, raffinato ed elegante.

Da sempre le sue opere sono influenzate dalla cronaca e dall’attualità. Oggi come vede il rapporto tra politica e arte?
Pessimo. La politica è indifferente all’arte, soprattutto a quella contemporanea. Si mantengono in buono stato i ruderi, ma non si valorizzano gli artisti viventi anche perché i musei italiani non hanno le risorse economiche per acquistare le opere di artisti contemporanei. Risultato? Le nostre giovani promesse vivono tutte all’estero. Io stesso non ho mai venduto un’opera a un museo italiano, ma sono presente quasi ovunque all’estero come testimonia una recente monografia che mi ha dedicato Germano Celant.

A proposito di critici d’arte, chi apprezza di più?
caduto a ragione - 1995 - bronzo - 2Stimo molto Luigi Di Corato, direttore di Brescia Musei, e il giornalista e critico Flavio Arensi.

E Vittorio Sgarbi?

Un uomo simpaticissimo per berci insieme caffè, ma guai a metterlo sotto i riflettori. Il suo primo lavoro è quello di salterellare sul palcoscenico. Come critico, è un esperto di arte antica e moderna, ma ha il limite di dividere l’arte per date.

Da poco sono stati assegnati i Leoni della 57esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, aperta al pubblico fino al 26 novembre. Secondo lei quanto contano i premi nell’arte?
Da uno a dieci? Zero. Sono come il Festival di Sanremo: chi vince non è detto che sia bravo, né che venderà.