Giuseppe Imberti, l’operaio-artista che dal ferro estrae la Bellezza

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ARTE_FOTO 1Era partito dal Dadaismo, con un’attenzione particolare a “Il grande vetro” di Duchamp, del quale nell’arco della sua lunga attività ha conservato una delle sue caratteristiche essenziali: quella del dubbio, che pone lo spettatore in una dimensione per certi versi spaesata dinanzi all’opera d’arte, non potendola afferrare nella sua completezza. A partire da questo concetto, Pier Giuseppe Imberti (nato nel 1954 a Centallo) è ultimamente approdato, dopo aver già indagato altri versanti artistici, alla creazione di opere di pittoscultura, che, attraverso un attento studio delle forme e dei colori, emanano una forte tensione sia psicologica che fisica.

L’artista, ormai attivo dagli anni ’80, si è appassionato all’arte grazie al padre, che dipingeva ARTE_FOTO 2per passatempo, e cominciò da autodidatta con una motivazione forte, quella di trasformare il suo mestiere in poesia. Imberti era infatti operaio in una fabbrica e lavorando il ferro volle creare qualcosa che potesse attribuire a questo materiale bellezza, decontestualizzandolo dal suo utilizzo quotidiano. È perciò che nascono le prime sculture, come le grandi ruote, che però nascondono una sorpresa. Osservandole infatti esse sembrano realizzate, appunto, in questo materiale, ma in realtà sono in legno; si torna dunque a quello che si affermava sul Dadaismo, che, tradotto in parole semplici, suonerebbe così: “l’apparenza non è quel che sembra”. All’artista, che collabora con la Galleria d’arte Skema 5 di Cuneo, con la quale ha un rapporto che dura ormai da circa quaranta anni, sarà allestita nei mesi di luglio, agosto e settembre una mostra antologica che ripercorrerà la sua intera carriera artistica. Essa avrà luogo nel prestigioso Palazzo Salmatoris nel comune di Cherasco, e sarà curata da Cinzia Tesio