I giovani registi, condottieri del Rinascimento del cinema italiano

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Il 2016 è stato un anno interessante per il cinema italiano. Una nuova generazione di registi ha iniziato a farsi spazio nel panorama attuale, realizzando una serie di pellicole fino a poco tempo fa impensabili, in quanto capirci di mettere d’accordo pubblico e critica, un fenomeno che da noi non si riscontrava da molto, troppo tempo, tanto da parlare di rinascita del cinema nostrano.

Se da una parte il cinema impegnato di Paolo Sorrentino, tra i registi più divisivi di sempre, insieme a quello dei vari Moretti e Avati, non è mai stato capace di avvicinare il pubblico meno colto, dall’altra i vari De Sica, Boldi e Siani, con i loro cinepanettoni, continuano a spremere un genere che ormai non ha più nulla da dire. In mezzo, il nulla, o quasi, tra commedie demenziali dimenticabili, e pellicole incapaci di osare, che puntano su generi ampiamente esplorati (in primis sulla mafia).

Matteo Rovere
Matteo Rovere

A dare una svolta a questa situazione è stato il contributo di nuove leve cresciute a pane e cinema, come Matteo Rovere, con l’adrenalinico Veloce come il Vento, e l’esordiente Gabriele Mainetti, con l’acclamato Lo Chiamavano Jeeg Robot, che rilanciano a tutti gli effetti il cinema di genere. A loro, si aggiunge il giovane Sydney Sibilia, dal 2 febbraio nelle sale con il secondo capitolo della saga Smetto quando voglio – Masterclass. Partiamo proprio da quest’ultimo.

Solo accostare due parole come “sequel” e “saga” al cinema italiano sembra già un’anomalia. Sono termini che siamo soliti sentire a proposito di produzioni americane, non certo di quelle made in Italy, le cui uniche saghe sono quelle dei cinepanettoni con risultati sempre più imbarazzanti. Il “caso” di Smetto quando voglio, fortunatamente, è di tutt’altra pasta.

Il primo film, che uscì nel 2014, riuscì a distinguersi dando nuova linfa alla commedia, attingendo dall’action comedy americana (Ocean’s Eleven) con un film divertente e intelligente, che unì i favori di pubblico e critica, e ottenne 12 nomination ai David di Donatello. Un successo unanime che ha convinto il regista a costruire un autentico franchising: Smetto quando voglio – Masterclass, infatti, vede il ritorno al completo della Bandalo-chiamavano-jeeg-robot-700x400_1200x628_1 dei Ricercatori e riconferma la bontà del progetto, ma anche il felice momento che sta vivendo il cinema italiano.

Del 2016 è invece Veloce come il vento, un piacevole intrattenimento, emozionante e coinvolgente, che mostra uno stile personale e una regia precisa con un ottimo film sul mondo delle corse, rifacendosi a Fast and Furious, senza per questo sfigurare. Premiato dal pubblico e dalla critica, Veloce come il vento è stato venduto in 40 paesi, a conferma del respiro internazionale del film – altro passo importante che mette a segno il nuovo cinema nostrano. All’estero è approdato anche Lo chiamavano Jeeg Robot, altro film chiave del 2016 in quanto primo autentico film supereroistico italiano, diventato subito cult grazie a una storia coinvolgente e alle ottime interpretazioni di Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli (foto).

Paolo Genovese
Paolo Genovese

La pellicola ha fatto incetta di premi, tra David di Donatello e Nastri d’Argento, e ha dimostrato che anche noi se vogliamo possiamo fare cinecomic di successo.

Ricercatori, sportivi e supereroi sono dunque i protagonisti di questo Rinascimento, ai quali è d’obbligo aggiungere Paolo Genevose con Perfetti Sconosciuti e Paolo Virzì con La pazza gioia, due registi navigati che nel 2016 hanno messo d’accordo tutti. Il primo film ha raggiunto il record di incassi con 17 milioni di euro, ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura straniera al Tribeca Film Festival e ora si prepara ad avere remake in più lingue. Il secondo è stato presentato al Festival di Cannes, ha ottenuto 17 nomination ai David di Donatello, ed è stato distribuito anche all’estero, mentre in casa ha raggiunto i 6 milioni di euro di incasso.

Il cinema italiano sembra davvero essere rinato, dunque, con un cinema di genere e di intrattenimento finalmente di qualità, che diverte e appassiona. Emergere tra “cinepolpettoni” e cinepanettoni non era facile ma la strada intrapresa è quella giusta.