Se i due eroi pasoliniani rispondono al fuoco del buonismo

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Gli eroi che non t’aspetti in realtà te li aspetti eccome. Perché eroi? Perché ci vogliono le palle per affrontare un tizio che, a distanza di un metro, tira fuori una pistola e te la punta, per sparare a un terrorista in fuga che ha ucciso delle persone qualche giorno prima. Perché ci vogliono le palle a mantenere una posizione ben salda e onorevole, coerente e fedele alla propria missione in un sistema di drammi isterici, popolato da povere anime del purgatorio che si strappano gli occhi dalle orbite pur di condannare la giustezza e la legittimità di un’azione, che si farebbero strappare le carni pur di stanare il fascista che c’è dietro; un sistema disumanizzante più adatto ai maniaci della pulizia in onda su Dmax che per persone normali, ovvero che vivono la propria esistenza nella norma di un buon senso più vicino alla spontaneità e all’educazione di un italiano che di un cittadino del mondo.

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Due eroi, fanti, piccoli. Non come i loro Signori, vigliacchi, asserviti, che li troverai sempre a negare: nei flussi d’immigrazione incontrollata, non tutti sono vittima delle guerre e delle carestie. Nelle fughe solitarie dei terroristi – in Francia, come in Germania – nessuno li aiuta a fuggire. Le frontiere? Da spalancare. Il senso del confine? Da dimenticare.

Allora i due agenti che hanno affrontato Anis Amri, sono eroi pasoliniani –  quelli che vengono “da periferie, contadine o urbane”, delle preziose mille lire, vestiti “come pagliacci, con quella stoffa ruvida che puzza di rancio” -, per poveri, per romantici. Giovani e casuali. Eroi grandi per chi crede ancora nella difesa di un confine, piccoli per la vulgata dei gessetti colorati. Eroi come Pietro Micca o Enrico Toti, che pur nell’estremo gesto sono stati al loro posto, senza scuse, senza farsi sfuggire di mano il nemico, come in Francia o in Germania, né la situazione. Perchè stanno su una Volante di notte e quindi cercano di reprimere il marcio mentre imprenditori e impiegati dormono, perché quello è il loro lavoro. Perché hanno una pistola, anche loro, e vanno ad infilarsi in quei rivoli di inciviltà in cui nessuno andrebbe.

Gli eroi che non t’aspetti in realtà te li aspetti eccome ma non te li aspetti fino in fondo perché a combattere il terrorismo pensi siano quegli omaccioni dei corpi speciali, tutto passamontagna e tuta operativa. Quelli di cui questo sistema nevrotico e bigotto si nutre ormai da mesi, insieme a simulazioni, ipotesi, esperti, piani internazionali e chiacchiere; gli stessi omaccioni francesi o tedeschi che scivolano sulla collinetta sul peso dei loro anfibi borchiati, come negli interminabili attimi del giorno del Bataclan. Vi ricorderete.

Quel grido, poi non così sicuro: Poliziotti maledetti rende l’idea del grande gesto. L’interruzione di una fuga che non doveva esserci; svanisce la sicurezza dell’attentatore, di chi ha ferito a morte l’Occidente. Un agente in prova da qualche mese, 29 anni, mezzo sangue siculo, ammazza il terrorista che scappava. Fine. La beffa per opinionisti, analisti, commentatori, tecnici dell’antiterrorismo; per le tattiche, le strategie, i meeting, le canzoni della pace, le camminate solidali, le fiaccolate e i gessetti colorati. Un fante che difende il confine senza esitazione, come i ragazzi della classe ’99, presi dall’adolescenza, messo un Moschetto in mano e mandati a morire al fronte. Poveri. Poveracci anche loro. Un agente preparato, lucido, freddo, secca l’ultimo – in ordine di tempo – nemico dell’Occidente. Non una testa di cuoio, non uno dei Nocs, dei Gis o dell’Uopi, dell’Api o del Sos, ma un normalissimo agente delle Volanti, quelli che hanno fatto il militare – beati loro -, dei turni infiniti, degli straordinari pagati in ritardo, quelli che, secondo tutti, possono sparare ad un bersaglio fisso ma non ad uno in movimento; quelli dello stipendio cortissimo che non cresce mai, delle agevolazioni per le strutture vacanziere; gli sbirri, quelli che ti inseguono per strada. Quelli con le macchine di servizio a pezzi, quelli che se ti si buca la divisa invernale o hai una brava moglie o te la devi rattoppare da solo, comunque.

Davide contro Golia e una botta di culo pazzesca. Ma in fondo la fortuna non aiutava chi gli audaci? La fortuna che cos’è? Una condizione contraddittoria passeggera e mutevole, ma capace di essere molto concreta. Del resto, sì, c’è voluta fortuna, ma la volante doveva essere lì, stanotte, e il suo equipaggio doveva, facendo il suo, chiedere quei documenti, anche e soprattutto visti i tempi, per difendere, col suo poco, il territorio dal pericolo del terrorismo, specie se c’era un soggetto in fuga dalla Germania. Quanta fortuna c’è voluta, dunque? Se si calcola che dopo un attentato il terrorista di turno scappa sempre in giro per l’Europa. Potranno essere stati fortunati Luca e il suo collega, sì, ma poco importa: in un Continente di parolai, il piccolo Davide ha battuto Golia. E il risultato è quello che conta, tra un girotondo e un pianoforte nella piazza di Parigi. Poteva non farcela e invece, l’ha fatto.

E vadano al diavolo i nuovi Torquemada travestiti da santi, quelli per cui la morte di un cane omicida “non è una bella cosa” – come Matteo Renzi “La morte di un uomo non è mai un evento da festeggiare, ma aver bloccato il killer, che pure era armato, era fondamentale” o come il consigliere del Movimento 5 Stelle di Biella, Antonella Buscaglia che commenta così: “leggo post di persone felici che un UOMO sia stato ammazzato – scrive – leggo post di persone che esaltano i due poliziotti che hanno fatto SOLTANTO il loro dovere (per quello sono lì, sottopagati, mica per multe e dirigere il traffico). Vedrò di certo queste persone andare a messa la vigilia e ricevere mi piace al post da altrettanti falsi che godono di in uccisione e si lavano le coscienze in chiesa. Oggi sono straincazzata mavaffanculová!” -. 

In un’epoca di sofismi e sofisti, di perfezionismi ideologici, di giocolieri del commento, rispondere al fuoco quando serve è quel che serve, in senso metaforico, in senso reale. Allora chi dovrebbe essere un eroe? La cooperante che fa la beneficienza coi soldi di babbo? Vanessa e Greta? Chi suona il pianoforte e canta Imagine di Lennon sul luogo dell’attentato?

Nutrire una società di fotografie salverà dall’Alzheimer e da una brutta copia del reale in jpg.

E un’altra cosa. Salvate Christian e Luca non dall’Isis; non proteggeteli dalle ritorsioni del Califfato ma dall’idiozia di chi è andato a spulciare nei loro profili Facebook per cercare un’idea politica da condannare. Salvateli – e salvateci – dai Saviano e dai Tommasi.

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Emanuele Ricucci, classe ’87. È un giovanotto di quest’epoca disgraziata che scrive di cultura per Il Giornale ed è autore di satira. Già caporedattore de "IlGiornaleOFF", inserto culturale del sabato del quotidiano di Alessandro Sallusti e nello staff dei collaboratori “tecnici” di Marcello Veneziani. Scrive inoltre per Libero e il Candido. Proviene dalle lande delle Scienze Politiche. Nel tentativo maldestro di ragionare sopra le cose, scrive di cultura, di filosofia e di giovani e politica. Autore del “Diario del Ritorno” (2014, prefazione di Marcello Veneziani), “Il coraggio di essere ultraitaliani” (2016, edito da IlGiornale, scritto con A.Rapisarda e N.Bovalino), “La Satira è una cosa seria” (2017, edito da IlGiornale) e Torniamo Uomini (2017, edito da IlGiornale)

2 Commenti

  1. E adesso RESPINGIAMO i barconi per NON avere altri terroristi sul territorio EUROPEO e altre vittime del TERRORISMO ISLAMICO.
    SALVIAMO PRIMA GLI EUROPEI.
    E’ ora di BLOCCARE I FLUSSI MIGRATORI E DI ESPELLERE TUTTI QUELLI CHE NON ACCETTANO LA NOSTRA CULTURA.
    E’ ora di pensare ai CITTADINI EUROPEI E ALLA LORO SICUREZZA.
    BASTA CON I BUONISTI CHE GIOCANO SULLA PELLE DEGLI ALTRI.

    VIVA LA CULTURA NAZIONALE ED EUROPEA
    ABBASSO IL MULTICULTURALISMO SENZA CULTURA

  2. […] Gli eroi che non t’aspetti in realtà te li aspetti eccome. Perché eroi? Perché ci vogliono le palle per affrontare un tizio che, a distanza di un metro, tira fuori una pistola e te la punta, per sparare a un terrorista in fuga che ha ucciso delle persone qualche giorno prima. Perché ci vogliono le …  […]

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