Addio Bud: nazionale, popolare, leggenda

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14698I grandi scelgono sempre i momenti migliori per uscire di scena o forse è il buon Dio a fare loro quest’ultimo regalo, chissà. In un bollente pomeriggio di giugno l’esaltazione nazionalpopolare doveva evolvere in leggenda; così, proprio mentre la Nazionale di Calcio si apprestava a compiere l’impresa, battendo la Spagna, Carlo Pedersoli, a 86 anni compiuti, cercava di capire se anche gli angeli mangino fagioli, per davvero, lasciandoci tutti a bocca aperta.
Funesto 2016 che già ci ha sottratto Giorgio Albertazzi e Lino Toffolo. L’età giunge inesorabile ma l’incredulità non si esaurisce mai e genera meraviglia, quella meraviglia che determina la grandezza di un uomo, proprio nel momento della sua dipartita; “Nella mia vita ho fatto di tutto ma proprio di tutto. Solo due cose non ho potuto fare: il ballerino classico e il fantino”. Carlo è stato un cattolico rock – “Quando il Padreterno mi chiamerà, voglio andare a vedere che cosa succede. Perché se non succede niente, m’incazzo. M’hai fatto alzare ogni mattina per ottantasette anni per non andare, alla fine, da nessuna parte? Io, di fronte a tante cose enormi che non comprendiamo, mi posso attaccare solo a lui. E sperare che quando mi chiamerà, mi si chiarirà tutto. Perché oggi, mi dia retta, non si capisce proprio più niente” -, un militante – fieramente di destra, nel 2005 si candidò alle Regionali nel Lazio con Francesco Storace – e persino proprietario di una compagnia aerea – “ho alle spalle ben 3 mila ore di volo in aeroplano e 500 ore in elicottero. Ho anche fondato una compagnia aerea, la Mistral Air, attiva dal 1984. Era molto piccola, con appena tre aeroplani. Di fatto, l’avventura durò poco perché non la potevo supportare”, raccontava a Il Messaggero -.
Un uomo che non potevi misurare per il suo fisico da nuotatore – tesserato dalla società sportiva Lazio Nuoto, si afferma nello stile libero e nelle staffette miste, macina campionati, entra nella storia come il primo italiano a infrangere la barriera del minuto netto, per l’esattezza 59”5 (nel 1950 a Salsomaggiore e poi a Vienna). Il nuoto ormai è il suo presente e il suo futuro, viene convocato per la CarloPedersoliItaliaNazionale, partecipa agli Europei di Vienna, vince due medaglie ai Giochi del Mediterraneo del 1951 in Egitto. Ma il 1952 è alle porte e con esso le Olimpiadi di Helsinki. Vi partecipa con i colori dell’Italia, poi insieme ad altri atleti viene inviato alla Yale University, per alcuni mesi vive in America, continua con i Giochi, da quelli del Mediterraneo a Barcellona alle Olimpiadi di Melbourne, come ricorda Repubblica -, né, forse, per i libri scritti – tra cui l’ultimo Mangio Ergo sum (Nicola Pesce Editore, pp.253), con prefazione di Luciano De Crescenzo. Tra Platone, Kant, Aristotele, Cartesio e la pasta e fagioli, leggere per credere; tra la filosofia, vita e amore per il cibo – o per gli oltre 120 film alle spalle, di cui 16 in coppia Terence Hill, la spalla, l’amico di una vita, o magari per essere stato colonna del western-comico. Non puoi misurare il grado di immortalità neanche da quel rifiuto secco, venato di umiltà, a Federico Fellini che lo voleva per il Satyricon: “Allora non sei un attore!” – “Hai detto giusto Federì, non sono un attore, sono un personaggio che il pubblico ha gradito. Conosco i miei limiti, so esattamente quello che posso fare e quello solo ho fatto sempre”; la grandezza di Bud è stata quella di rendere divertente uno schiaffo o un cazzottone in testa, di associare quel suono a quello delle risa, in automatico. Faceva ridere, con poco e per davvero. L’uomo diventava personaggio, il personaggio simbolo italiano, il simbolo univa.
E su questo cucire generazioni, dare vita all’emblema sempre riconoscibile. Un’evocazione nostalgica, il senso del Ritorno; la grandezza di Bud è stata quella di far fischiare le pallottole senza mai scadere nella violenza; è stata quella di essere un buono, un uomo puro, integro, al cinema, nel mood e nella vita. Come Banana Joe, come Bomber.

Altrimenti ci arrabbiamo, ma in realtà Bud non si arrabbiava mai. Era sempre buono, era il buono; meglio, era il giusto. E non c’era un cattivo più cattivo di un buono che diventa cattivo, diceva. Il fragore di quegli schiaffi, con una mano sola, e agli occhi di noi piccoletti sembrava un gigante. Esisteva un gigante. E quando ti voltavi a guardare tuo nonno dalle ginocchia, cercandogli gli occhi per capire se era vero, trovavi un ghigno di soddisfazione come a dire “Hai visto quanto è forte Bud? Bud, ce l’abbiamo solo noi”, come una potenza universale, come un pranzo domenicale, come l’inno nazionale. Di quelli che, veramente, pensi non muoiano mai, non ti abbandonino mai.
Bud, ce l’abbiamo solo noi e il resto, lo conosciamo tutti. Eroe della vecchia scuola.

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