Flavio Gismondi: “Se non hai cultura è difficile trasmettere cultura”

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Appena 27 anni, ma con un ricco curriculum: torna a teatro con “Georgie il Musical” al Teatro Orione di Roma, sino a oggi in scena…

Ventisei anni e dimostrarne, artisticamente, molti di più: Flavio Gismondi nasce e si forma artisticamente nella città di Roma, ma nel 2015 si diploma presso la New York Film Academy, ovviamente a New York. Comincia a lavorare nelle vesti di Romeo nell’Opera Popolare “Giulietta e Romeo” firmata da Riccardo Cocciante. E prosegue avventurandosi nel “Mondo di Patty”, spettacolo che lo ha visto protagonista anche in Spagna.

Ha fatto anche tv, certo, nella soap “Un Posto Al Sole”, e dopo una serie di altri ruoli e riconoscimenti importanti, torna a fare musical, il suo grande amore. Sino a domenica, presso il Teatro Orione di Roma, lo vedrete in “Georgie il musical”, ispirato al soggetto del manga “Lady Georgie”, basato sulla novella di Mann Izawa, da cui è stato anche tratto un anime. In attesa di riprendere il ruolo di Tommy De Vito in “Jersey Boys“,diretto da Claudio Insegno, a Parigi. Giovane, certo, ma determinato come pochi. E, anche, un grande osservatore.

“Georgie”, da anime a musical: a chi si rivolge questo spettacolo?

Si tratta di uno spettacolo che abbraccia un pubblico molto variegato: a chi conosce il cartone animato, ovviamente, che ha segnato un’intera generazione. Ma interessa anche quel pubblico di persone incuriosito dalle vicende della storia. E se ne innamorerà.

Ha 26 anni, giovanissimo, e hai già dimostrato versatilità e talento, soprattutto cimentandoti nel difficile campo dei musical. Ma, da piccolo, cosa sognavi?

Sognavo di andare a Sanremo, me lo ricordo ancora: ero innamorato di questo programma, e guardarlo è una tradizione che porto ancora avanti. Ci andai ospite nel 2008, e il sogno si coronò. Mi sarebbe piaciuto, soprattutto allora, avviare una carriera discografica, ma ho scoperto che il teatro era già abbastanza impegnativo, e ho preferito collocarmi e migliorarmi nella recitazione.

Da Rapunzel a Grease, com’è il settore del musical in Italia?

Siamo in una fase di passaggio: la commedia italiana è morta, e alcune produzioni musicali negli ultimi anni hanno addirittura allontanato il pubblico. Oggi stiamo ricominciando a migliorare, con produzioni di stampo internazionale, avviando un commercio di spettacoli e di teatri ad ampio raggio. E’ molto forte la produzione di spettacoli anglosassoni,da Footloose a Billy Elliot, che sono stati rifatti in Italia.

Come mai questo sguardo altrove? Cosa manca all’Italia per non riuscire a consolidare una propria tradizione?

A noi non manca nulla, noi siamo supercapaci. Ma serve una formazione non tanto per gli attori, che già c’è, ma anche per le maestranze. A volte scarseggiano i costumisti e gli scenografi, ad esempio, e quando la scelta è scarsa, si “premiano” i poco meritevoli. Bisognerebbe, inoltre, educare il pubblico a questo tipo di spettacoli, soprattutto quello del Sud.

Il teatro soffre ancora, nonostante qualche lieve miglioramento, della mancanza dei più giovani. Da giovane a giovane, cosa pensi dovrebbe cambiare?

Io credo che dovrebbero essere le scuole a stimolare i più giovani. E non soltanto portandoli a vedere Molière e Goldoni, ma anche altro, qualcosa di bello, divertente, giovane. Le scuole  devono incitare i ragazzi a vedere tutti i tipi di spettacoli, e non solo quelli più “colti”.

Sei noto anche per il tuo ruolo in “Un posto al sole”: credi che esista davvero un gap culturale tra chi ama la tv e il teatro?

In Italia abbiamo il problema di selezionare gli attori in base a quello che fanno: per il pubblico chi fa tv non può fare teatro, a meno che tu non sia un superfamoso. Non abbiamo questa concezione di fusione, mentre in America gli attori fanno tutto, dalla pubblicità al cinema. Bisognerebbe allargare gli orizzonti, ed è per questo che è tutto così settoriale.

Ad un giovane che è più giovane di te, nell’era dei talent show, cosa consiglieresti?

I talent possono istruire in un certo senso, ma devono essere una fase temporanea. Di certo non possono dare una formazione solida. Non dico che bisogna andare in Accademia, ma effettuare dei corsi con degli insegnanti, con qualcuno che ti segua con costanza, è fondamentale. Se non hai cultura è difficile trasmettere cultura: puoi essere bravo, ma la giusta emozione la si dona solo con tanta preparazione. Occorre studiare tanto per immagazzinare la vita.