Tutto ma tutto sul sesso. Parola di Montaigne

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Michel de Montaigne, La fame di venere, Fazi

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e non avete mai osato chiedere a un filosofo. Come trattare le prostitute, le amanti, le mogli. L’importanza delle “dimensioni”. Le perversioni. La verginità. L’analisi quantitativa sul piacere maschile (poca roba) e su quello femminile (molto di più). E il fondamentale capitolo a proposito delle corna.

Gli Essais di Michel De Montaigne sono un capolavoro di scrittura, di disincanto fino allo sbraco e alla parolaccia, ma anche di rigore nel confronto con i grandi della tradizione filosofica e letteraria. E infine di spietatezza nel confessarsi le peggiori debolezze. In breve: si tratta di ricerca filosofica sul soggetto più infido: il sé.

La fame di Venere (Fazi, pp.154, euro 14,50) raccoglie i capitoli dei Saggi dedicati ad eros (libro III cap V) ed esperienza (libro III cap XIII). E se l’amore è uno dei temi forti della tradizione filosofica antica, e ha sempre un connotato di sacralità o di divinità, come nel Simposio di Platone, Montaigne ce la racconta nel modo opposto. Per lui l’amore, quello sacro, quello che ti cambia la vita, quello dei poeti provenzali e delle Giuliette e Romei, non esiste. Esistono da una parte l’eros, emozione “potente e superficiale”, desiderio del corpo. Dall’altra il matrimonio, che funziona davvero solo in quanto alleanza e amicizia. Per Montaigne sposare qualcuno già frequentato e amato significa, testuale: “cacare nel paniere e poi metterselo in testa”. E “applicare nel matrimonio gli istinti e le follie della licenza amorosa mi sembra quasi un incesto”.

Eppure da questa visione anti-romantica e vagamente cinica, nasce un’etica dei rapporti delicata e rispettosa. Esempio: Montaigne è uno dei primi autori della storia del pensiero a scrivere dal punto di vista femminile. Sottolinea la contraddittorietà delle pretese maschili: “ci piacciono floride, i salute, e pure caste. Le vogliamo calde e fredde”. O prende in giro il sentimento della gelosia dei mariti nei confronti delle mogli (“Cesare, Pompeo, Antonio e Catone portavano le corna, così come altri galantuomini […] migliori di voi”). Ma soprattutto Montaigne riconosce che l’amore è una forza impolitica. Che filtra attraverso le istituzioni civili e in sostanza le prende in giro. Altro che il sesso (omo, etero o quel che è) considerato elemento di identità “politica” come si è manifestato dalla seconda metà del 900 in poi.

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