Te lo ricordi il cinema com’era? Nostalgico elogio dei bei tempi che furono

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Ci sono storie ed emozioni che non conosceremmo se non fosse per il Cinema, e L’Universale di Federico Micali assurge proprio a questa funzione. I giovani del Duemila probabilmente non hanno mai assaporato cosa voglia dire la sala unica. Si è abituati al multiplex, a recarsi lì scegliendo, magari anche a caso, il film da vedere pur di trascorrere quel tempo libero a disposizione. Purtroppo, si sa, sempre più sale e cinema d’essai hanno chiuso e continuano a farlo perché schiacciati dalle multisala e dai tempi. Si tratta davvero di una lotta di resistenza e non è facile vincerla, è come tra Davide e Golia e voi avrete capito bene quale sia il gioco delle parti tra i due.

L’Universale, nato negli Anni ’40 è stato chiuso nel 1989, era tra i cinema che hanno fatto la storia della città in cui si trovavano (in questo caso Firenze e precisamente in via Pisana 43), diventando co-protagonista di anni cruciali per quelle generazioni (siamo a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta), un momento di aggregazione e condivisione, oltre che essere un luogo in cui venivano evidenziati i cambiamenti sociali di pari passo con quelli cinematografici.

Il regista toscano, classe ’71, dopo averne fatto un documentario nel 2008, “Cinema Universale d’essai”, ha deciso di andare oltre e rendere con l’opera prima, attraverso quel luogo e ciò che rappresentava, quei tempi e chi li abitava.

A traghettarci è Tommaso Nencioni (Francesco Turbanti). Inizia col parlarci guardando in macchina dalle poltrone rosse di velluto tanto che poco dopo, andando a spasso nel tempo, si vedrà lo scarto rispetto alle poltrone dell’Universale, scomode per il loro essere di legno eppure così accoglienti per  tutti coloro che lo amavano e impararono ad apprezzarlo. In un mood che ci è famigliare, facendo simpaticamente il verso al loro modo di parlare, il Nencioni ci presenta suo padre che faceva il proiezionista (uno straordinario Claudio Bigagli che offre dei veri e propri numeri), le donne alla biglietteria (pettegola) e al bar (taciturna), i frequentatori storici e i suoi amici ed è così che partiamo in un viaggio alla scoperta di un sapore dello stare insieme e del cinema che innegabilmente si è perso.

Questo lungometraggio arriva dritto al cuore facendoci desiderare che possa essere ancora un po’ così e risvegliando la nostalgia in chi c’era. L’Universale è una dichiarazione d’amore per quel cinema, ma anche per un cinema che sapeva e voleva essere non una mera location, ma presenza viva nella vita delle persone.

Va detto che la cadenza toscana fa tanto, ma tutti gli interpreti, dai più giovani ad artisti già tanto affermati come Bigagli, Paolo Hendel (Riccardo Ginori), Vauro Senesi (Ivo Tanturli) e Anna Meacci (Franchina) danno un apporto fondamentale nel farci calare in quell’humus. Micali, co-sceneggiatore con Cosimo Calamini e Heidrun Schleef, riesce a far vivere allo spettatore come si è evoluta questa sala, che trasmetteva inizialmente film molto commerciali, anche di serie “b”, poi, per la sopravvivenza rispetto alla concorrenza, ha cominciato a pensare una vera e propria programmazione ad hoc. Ed è così che sono arrivate le pellicole di Antonioni, Kurosawa, Bergman, del Free Cinema e della Nouvelle Vague e sono stati attratti anche gli universitari. Col sorriso sulle labbra, le note di Bandabardò e la comicità toscana si ironizza su come queste opere potessero essere recepite, come la staticità della scena che per alcuni era un pregio e per altri un difetto; ma Nencioni docet: «il vero spettacolo era il pubblico». «Mi ha affascinato soprattutto quel rapporto viscerale che si creava (ma che ancora si crea ovunque ci sia una sala “vissuta”) con il cinema, inteso come film ma soprattutto come luogo: uno spazio familiare che riusciva magistralmente a mettere insieme la cultura alta dei film d’essai e la sagacia popolare di San Frediano», ha dichiarato il regista.

La platea di turno si identifica molto, soprattutto, nei co-protagonisti umani, Tommaso e i suoi amici, Alice (Matilda Anna Ingrid Lutz) e Marcello (Robin Mugnaini), mediante le loro storie vengono affrontati i disagi giovanili e il “rifugiarsi” nella droga (compresa l’eroina), il libertinismo, il punk, la new wave o il modo di vivere la politica di allora (dalle lotte studentesche all’arrivo delle brigate rosse – dalla radio si apprende di Aldo Moro). A tratti la mente rivà anche a “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana che ben aveva restituito le atmosfere e i pensieri di anni in cui i giovani scendevano in campo e in cui anche il grande schermo faceva la sua parte. Per altri versi, invece, pensando alla nostalgia, ci riaffiorano inquadrature ed emozioni suscitate da “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore. Questi film e anche L’Universale, ognuno a proprio modo, comunicano l’amore per la celluloide e per la Settima Arte, ricordandoci come possa essere fondamentale nelle nostre vite.

Il film era tra le opere in concorso per “ItaliaFilmFest/Nuove proposte” al Bif&st2016 e uscirà in sala il 14 aprile distribuito da “L’occhio e La Luna” con il supporto de “Lo Scrittoio”.