Ironiche, stravaganti, perfino eccentriche. Così la moda di stagione, quella primaverile, vuole le it bag. Devono spiccare, farsi vedere, far sorridere addirittura. Ma dietro a questa facciata strafottente e goliardica, aldilà delle regole del marketing e dei trend irrinunciabili, complici i cartellini con cifre a quattro zeri, non si può non domandarsi che vita, in termini di longevità, avranno questi accessori. È probabile, che passata l’euforia del momento, questo eccesso di brio finisca rilegato negli angoli più bui dei guardaroba femminili. Ma in fondo cosa importa? La moda è anche questo. O forse no.
C’è chi, è il caso di Pugnetti Parma, le sue borse le costruisce quasi fossero un patto col diavolo traslato in accessorio, pronte a durare una vita, proprio come quelle ‘buone’ della nonna. E in effetti è ai tempi delle “nostre nonne”, che il brand guidato da Filippo Pugnetti fa riferimento, attingendo a tecniche artigianali quasi dimenticate ai nostri giorni, e per farlo, dopo esperienze di tutto rispetto fatte da Francesco Scognamiglio prima, e poi da Laura Buccellati, The Bridge e Chloé, dopo una breve parentesi a Dubai, corteggiato, per le sue capacità, persino dalla royal family, è tornato a Parma.
Città importante, Parma, quando si parla di pelletteria. La piccola Parigi nostrana, era negli anni’ 50 l’indiscussa capitale delle lavorazioni di lusso per quanto riguarda il pregiato pellame. Prima ancora dello sviluppo industriale del settore, del boom economico, strategicamente posizionata tra Veneto e Toscana, dove ancora oggi si trovano le concerie più prestigiose, e a poco più di un centinaio di chilometri da Milano e Firenze, mete eccellenti del lusso tricolore, la città ha conservato intatti i segreti dei maestri artigiani, quelli che usavano le mani come principale strumento per realizzare un sogno.
Banditi computer e avanguardistiche tecnologie, il designer ha fatto un salto nel tempo tornando indietro di circa 60 anni per recuperare le lavorazioni più in uso tra i maestri pellettieri di oltre mezzo secolo fa. Oggi come allora, il creativo disegna i cartamodelli a mano, taglia la pelle, accosta i materiali per studiare il giusto equilibrio delle linee e delle forme, e realizza così le sue borse, passo dopo passo, seguendo l’onda dell’immaginazione. La stessa che gli ha permesso di portare in superficie il suo iconico modello, la ‘Lift bag’, nata come un’esplosione nella sua testa, guardando distrattamente un ascensorista all’opera.
E se quella borsa, studiata per contenere gli attrezzi e le minuterie potesse, raffinata nelle forme e addolcita nelle linee, diventare il nuovo accessorio di culti dedicato dalla griffe all’universo femminile? Così è stato.
Alleggerita nella silhouette, ingentilita persino negli elementi più decisi, dai bulloni alla solida tracolla, la borsa, ieri di esclusivo appannaggio dei tecnici degli ascensori, è oggi diventato il cavallo di battaglia del marchio, che la propone in un’infinità di varianti cromatiche ed esclusivamente in pellami di alta qualità suggellandone la ritrovata eleganza con dettagli preziosi come le finiture placcate in oro 24 carati.