La commedia Bisbetica domata appartiene al primo periodo di Shakespeare, il periodo sperimentale. La collocazione scenica è in Italia, in quel di Padova, la caratterizzazione dei personaggi e il loro rapporto evidenzia nella scrittura una qualche disparità. La struttura della commedia è basata sul tipico gioco del teatro nel teatro. C’è il tema del mendicante/signore che si rifà alle Mille e una notte e la vicenda interna che è una recita allestita nel palazzo in onore del calderaio/signore. Nel tema riecheggiano I Suppositi di Lodovico Ariosto(1509). Il tema sono i modi per addomesticare una donna bisbetica. La commedia nella storia del teatro inglese troverà molta fortuna sulle scene e ha subìto e sopportato negli anni diverse versioni e rimaneggiamenti. Qui, nella traduzione e drammaturgia di Stefania Bertola e nella regia di Cristina Pezzoli, c’è proprio una libera e azzardata riscrittura. Attraverso il gioco assodato metateatrale, si mescolano ingredienti giovanilistici come il rap, il musical, i calciatori e le veline e c’è addirittura qualcuno che Shakespeare lo manda a quel paese. Nei ritmi concitati gli attori sono pure abili: Petruccio è Matteo Cremon e Caterina è Nancy Brilli, in questa versione anche in veste di capocomica e direttrice. Sala gremita in una pomeridiana di mercoledi. Più che la commedia si propone una farsa ripiena di slang, pop, Cole Porter, il neomelodico napoletano, i microfoni. Una rivisitazione che si propone trovate, colpi di scena, stupore, e anche qualche freddezza.
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