Sono italiana, accidenti. Ho vissuto e lavorato in Italia per quasi quarant’anni prima di trasferirmi a Londra.
Lo sapete com’è. C’è l’imprescindibile moka al risveglio; l’espresso post-arrivo in redazione; quello di metà mattina; quello per fomentare il collega incazzato; quello per ingraziarsi il caporedattore dopopranzo; il primo del pomeriggio, in piena melina; il secondo del pomeriggio, per allentare la tensione da consegna. Ho l’espresso nei mitocondri.
Mia figlia, nata a Londra, ha leccato il fondo della sua prima tazzina a un anno e 11 mesi, una volta che ero indignata per un espresso senza cuore. Eravamo in un bar semifighetto di Stoke Newington, una domenica di pioggia. Sembrava un posto carino. Un posto onesto. Le Eggs Royale erano ok. Quando un posto che sembra onesto offre l’espresso io, che ho una natura fiduciosa, abbasso le difese. Lo provo.
Faceva schifo. Il caffè inglese fa schifo tutto, ma in molti modi diversi. Quello era del sottogenere bruciato, che è meglio di quello acido ma peggio di quello annacquato.
Io mi ero alzata per cercare lo zucchero – nei locali inglesi fighetti lo zucchero non te lo portano al tavolo, è imboscato da qualche parte insieme ai bicchieri di plastica, gli stecchi di legno riciclato che usano al posto dei mai abbastanza lodati cucchiaini e la brocca dell’acqua al limone. Avevo lasciato la Criatura sul divano con il padre. Nei locali semifighetti londinesi c’è sempre un divano, per dare il senso dell’ospitalità. Ancora mi commuove che gli inglesi abbiano cercato un rimedio alla loro ontologica assenza di ogni senso di accoglienza. Un inglese normale non ti invita a casa manco se gli hai salvato il bambino da sicuro annegamento nello stagno del parco e sei ancora catatonico per lo sforzo. I locali pubblici con il divano, in effetti, rappresentano una coraggiosa frontiera del dialogo interculturale londinese.
Forse per questo, il divano è il luogo più ambito, se non sei lì per lavorare. Però serve un bambino piccolo che tenga il posto o te lo fregano durante la penosa ricerca dello zucchero. Insomma, mentre io cercavo lo zucchero e il padre motivazioni per placare la mia furia, la Critura si è attaccata al fondo della tazzina. Stavo tornando indietro e ho visto lui, paralizzato in una posa innaturale. Lei aveva i baffetti neri e canticchiava. Cheee bbbbuono queeetto caffèèèè.
Quello che ho pensato è cesellato nella memoria: Cristo santo, il primo caffè di mia figlia è stato questa merda che fa schifo ai topi.
E a lui: tu smettila di ridere.
Non ce l’ho con Starbucks, o Costa, o Caffè Nero. Primo, perchè io sono una che beve l’espresso solo in vetro, quindi in queste catene-del-caffè-nelle-cups-di-carta non ci metto piede nemmeno quando sono l’unico insediamento umano aperto sotto il diluvio. Inoltre, amiche inglesi più avanti con gli anni hanno giurato eterna gratitudine a Starbucks, quando perfino a Londra era l’unica alternativa al pub. Secondo, perchè nessuno che non sia anglosassone può andarci pensando di trovarci un buon espresso. Ci vai perchè costano poco e ti lasciano lavorare senza scassarti le ovaie ogni dieci minuti con l’ipocrita “gradisce artro” dei bar romani.
Io odio le “Coffee Breweries”. Odio i coffee-making courses a 45 pound per 2 ore. Il corso di specializzazione in Latte Art and Roastery and Barista Skills. Odio gli inserti giornalistici sulla Coffee Culture. Odio cose così http://londonsbestcoffee.com/cafes Odio quelli che sul loro sito scrivono: “Since we opened our doors in xxx of 20xx we’ve been focusing all of our efforts on sourcing, roasting and serving coffee at a constantly higher standard”.
Me li ricordo i vostri standard. Una delle prime uscite con marito e senza Criatura. Sottocasa, eh. Ma liberi. Due ore d’aria. Ero di buon umore. Bendisposta. Non puoi tradirmi nelle mie prime due ore d’aria. Devi aiutarmi a tornare quella che ero prima: una tossica di caffè e giornali. La barista era troppo magra. Molto compresa nel ruolo. Mi chiese se volessi la miscela X, quella Y o la H. La H sta per hipster, immagino. Io volevo un caffè veloce e la mia lucidità di prima della gravidanza. Risposi: quella più simile a un espresso Italiano. Fece il sorriso di chi finge di apprezzare la battuta. Non era una battuta. Prese il bilancino. Non vanno a occhio, gli serve il bilancino. Ci spiegò la procedura. Io volevo un caffè e leggere i giornali degli ultimi 15 mesi.
ACCESE la Marzocco, Hanno tutti la Marzocco, lucente e guizzante come un scultura futurista. La Marzocco dovrebbe fargli causa, alle Coffee Breweries di Londra. Io aspettavo. I gesti al rallentatore, le pause ingiustificate, il controllo del bilancino. La verifica della tostatura. La verifica della temperatura. La verifica della pulizia. La spiega. Un sorriso forzato: “Siamo italiani, grazie.” La controspiega della constrospiega. Un’ora e 20. Mi resta un’ora e 20 e qualcuno ha appena preso l’inserto weekend del Financial Times. 18 minuti. 18 minuti di cerimonia senza sapienza. Senza radici, senza cultura, senza consapevolezza. La patina hipster sulle cose questo è: rendere tutto caruccio e inutile.
Il caffè faceva schifo. Nel senso acido, il peggiore. “Dagli tempo –disse lui. “Se gli dai tempo ti arriva un ottimo retrogusto di liquirizia”. Perchè mi tradisci anche tu. Mi restano solo 43 minuti.
Vi prego, intellettuali londinesi del caffè, abbiate pietà. Abbiate ritegno. Abbiate cuore. Noi expats non possiamo continuare a postare mappe semiclandestine di caffè bevibili. Non possiamo continuare a constatare, con l’amarezza che cresce negli anni, che voi non ci amate davvero, perchè non volete davvero integrarci. Alla lunga ci scoraggiamo. Ci facciamo il caffè soltanto in casa, con la miscela spedita da Palermo, perchè perfino le marche italiane industriali migliori qui sanno di limone.
Vi prego. Voi che prendete 3 pound ad espresso, investiteli in un weekend a Torino. Se Torino vi ricorda troppo la Francia, volate a Napoli. Concedetevi tutto il tour, quello da turista acculturato e ricco. Ma trascorrete due ore al baretto squallido dietro alla Stazione.
Imparate dagli indigeni. Osservate il barista stropicciato che serve sbrigativo 10 tazze al minuto. Che non risponde più, ma sente tutto. Che non deve riaccendere la macchina, perchè la macchina non si spegne mai. Che lo sa, di stare facendo un servizio all’umanità, ma si sente appunto, come i migliori fra noi, l’umile servo di un disegno più grande – e non il Vate della Coffee Culture.
Che lo fa pagare 80 centesimi e ci mette vicino un bel bicchiere d’acqua fresca.
Veramente un pezzo pessimo, non solo con errori d’italiano ma altamente offensivo per gli anglosassoni. Io sono napoletana ma vivo a Londra da più di 20. Una persona che disprezza il paese scelto per campare farebbe bene a tornarsene a casa sua. Un po’ di rispetto per i gusti altru, magari …
Il solito articolo cretino e provinciale scritto per impressionare (non si sa più’ chi ormai) sul “fascino” di Londra e le differenze di abitudine alimentare come se fossimo rimasti ai tempi di Fumo di Londra con Alberto Sordi (anni ’60). Io vivo in questo triste, brutto, freddo, paranoico e molto stressante paese da ormai 23 anni (l’ho fatto per lavoro e finalmente il mese prossimo vado in pensione e mi trasferisco su lidi più simpatici ed accoglienti). Intanto occorre segnalare alla povera che ha scritto sta specie di opuscolo turistico post datato di mezzo secolo che: 1) Gli inglesi NON esistono più a Londra da decenni. Londra e’ oggi una guazzabuglio di genti, molto spesso sozze, mal vestite, maleducate. 2) Di tipi di caffe’ ce sono infiniti (e vendono moke e Lavazza dappertutto) ma locali come Starbuck, Costa e Repubblica, etc. sono cose multinazionali, non solo inglesi. E non sono affatto locali fighetti. Anzi fanno abbastanza schifo sia per lavorarci che per berci anche solo un caffe’, essendo spesso porti di mare e anche abbastanza unti e rumorosi. 3) Il caffe’ espresso italiano ormai te lo tirano dietro anche in Nuova Zelanda e comunque Non e’ il migliore del mondo. A me per esempio piace di più’ quello vietnamita. 4) I locali stilizzati che si trovano comunemente in molte città italiane sono molto piu belli della stragrande maggioranza dei locali che si trovano in un cesso di metropoli multi-etnica (quindi caotica e priva di identità) come Londra, con la differenza che tutto costa molto meno che in questa fin troppo nota società di ladri (qui lo stereotipo lo giustifico visto che tutto costa almeno tre volte e mezza di più e sti ladri targati UK non ti spiegano mai perché). 5) Detesto i romani pero’ fra un cameriere romano che ti parla e sorride ogni tanto e degli automi che sembrano di plastica e ripetono sempre le stesse frasi idiote che imparano nei corsi d’induction (tipo: “chocolate on top?”) preferisco PERSINO il cameriere romano. Ultima nota per gli Italiani, popolo di terroni e bambinoni con lo sguardo assonnato e scazzato anziché vispo e paranoico come quello che si registra a queste latitudine: ma cosa ci venite a fare nel paese più stressante d’Europa se un posto di lavapiatti o cameriere lo potevate trovare anche in Italia?
Gente, se volete l’espresso piu’ buono del mondo, venite a casa mia a Trofarello. OIgni domenica, durante la presentazione dei miei seminari lo offro gratuitamente (Vicolo Santa Croce 16, Trofarello (TO)).
Il caffe` fa male. E poi questa fissazione italiana per il caffe! Siamo proprio patetici. Vivo in inghilterra dal una vita, ci arrivai da ragazzo. Qui c`e` tutto ed e` tutto meglio che in Italia. Quindi basta con queste baggianate.
Io vivo in Francia da anni, vorrei dire che spesso ho mangiato della pasta eccezzzzionale e dei caffe’ stupendi altre volte no. Ma sopravvivo felice anch’io dato che le cose positive sono moltissime.
Non ho lo spirito dell’ emigrato costretto all’estero e che sogna l’Italia, ma del turista curioso e perche’ no felice .Anche qui c’e’ tutto meglio che in Italia……………
“Qui c`e` tutto ed e` tutto meglio che in Italia”
complimenti, sembri uno di quegli italiani di Spaghetti House di Nino Manfredi…
Vi siete dimenticato il caffè che si beve in Portogallo, sempre ottimo.
A Lisbona nel bar “A BRASILEIRA” il barista porgendomi un ottimo caffè mi disse : Italiani solo noi e voi beviamo il vero caffè !
Mia moglie ed io invitammo un amico inglese a prendere un caffè da noi. Caffè italiano? No, grazie – rispose – come fate a bere quella cosa che voi italiani chiamate caffè? In tutto il mondo il caffè all’italiana non è che sia molto apprezzato. Se avete avuto occasione di vedere Report di qualche mese fa potreste anche capire il perché.
trovati altri amici
Vivo a Londra da venti anni. Questo ragionamento kilometrico pseudo-originale e tutto luoghi comuni, con vocabolario adolescenziale di una piu` che quarantenne, l’ho fatto in tre secondi dopo circa un giorno dal mio arrivo. Fine della storia, il caffe` me lo porto dall’Italia e me lo faccio a casa. E non sfinisco nessuno con la mia insoddisfazione, ne’ tantomeno bloggo sull’argomento, cercando in piu` di sembrare “fighetto” come i caffe` citati dalla blogger. Se ognuno dei 200 mila e piu` italiani che vivono a Londra scrivesse un blog sull’argomento non basterebbe tutta la memoria elettronica del mondo a contenerli. (Resto in spasmodica attesa di simili autopsie su pasta, pizza, formaggi, olio, vino, pane, gelato, etc).
Forse un po’ “harsh”, ma è la stessa cosa che ho pensato. Pure io sto in Germania da 15 anni, e qua in un bar prendo sempre e solo birra. Anni fa una birra costava la metà di un caffè, ora un po’ meno o lo stesso.
Per il resto, a casa e al lavoro ho messo la Senseo e la uso con le cialde primo prezzo. Sparatemi pure, ma se solo si ha l’accortezza di aggiungere la tazzina quando la colata prende colore, e di toglierla dopo x secondi (con x dipendente dal gusto personale), a me sembra che faccia un caffè più che decente.
Bah…una volta appurato che il caffè non è buono, chissenefrega. Pensa allora a berti qualcosa di buono che hanno lì sul posto. Allo stesso modo anche un inglese che viene in Italia potrebbe dire (molto) di tante cose che non apprezza di noi italiani…e si può fare a meno anche del caffè…
Viaggio per lavoro da trent’anni e per sopravvivenza , da quando metto piede sull’aereo bevo solo thè. Ho comunque una scorta di bottiglini di Carnitene o di vitamina b12 pieni di Italianissima sambuca , almeno mascherano il saporaccio dello pseudo caffè e fingo di mettere vitamine !
Vivo a Londra da 5 anni, l’unico posto dove il caffé fa piu schifo di qua é la Scozia, per il resto i posti “Fighetti” lo bruciano sempre, le catene stile “Nero” vendono sciaquatura di piatti e i “Cafes” fanno quasi esclusivamente “Filter coffee”, ossia il fondo del barile del caffé all’americana.
Mi dispiace contraddire, devi pagare per ricevere.
I caffee menzionati….non sono caffee…..e’ come prendere un te’ a Roma.
Lo sooo. Ci mettono dieci minuuuuuti a farti caffè!
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