Toti: Verdini fuori? Ce ne faremo una ragione

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Il delfino di Silvio Berlusconi ha imparato a essere uno squalo? Pacato, colto, equilibrato, capace di “prendere decisioni rapide ed efficaci ma senza essere dominati dalla circostanza, dalla fretta, padroneggiando i giudizi” – una dote appresa dal suo mentore, Fedele Confalonieri – Giovanni Toti ha recentemente realizzato il “colpo” più importante della nuova stagione di Forza Italia, vincere le elezioni come Presidente della Regione Liguria. Un successo che ha rilanciato il suo partito e che ha reso l’ex direttore di Studio Aperto e del Tg4 il “numero 10” di Forza Italia, un piccolo Totti, “Er Pupino”. Di fronte a Giampaolo Rossi, editorialista de il Giornale, in occasione di Riccione Incontra, Giovanni Toti ha testimoniato che si può arrivare ai vertici di Forza Italia “senza aver mai fatto parte dell’entourage di amicizie della famiglia Berlusconi”, grazie a un semplice stage universitario.

Giornalista o politico? “Per vent’anni ho fatto il giornalista, per questo resto un giornalista prestato alla politica. Ma mentre il giornalista racconta i fatti, un politico i fatti li deve compiere. Una sfida appassionante”.

La “passionaccia”. “Ho sempre avuto la passione per la politica. Fin dalle elementari, a Massa Carrara, quando ero rappresentate di classe, e poi al liceo, quando sono stato rappresentante di istituto. Negli anni Ottanta, anni di grandissimo cambiamento per il nostro Paese, ho militato tra i giovani socialisti. Non ci importava molto la tradizione socialista, ma il fatto che Craxi, a quel tempo, rappresentasse il tentativo di modernizzare il Paese, di riformarlo, di liberare le energie vere dell’Italia dalla burocrazia. Tutte prerogative incarnate successivamente da Forza Italia”.

L’abdicazione della poltica. “Quando la politica abdica al suo ruolo e i partiti sono assenti resta la Magistratura a incarnare il desiderio di giustizia dei cittadini, basti pensare a Mafia Capitale. E questo non è un bene”.

Dallo stage alle stelle. “Sono la dimostrazione vivente che gli stage universitari servono. Sono entrato in Mediaset come stagista nel 1996, nel 1997 ho debuttato a Studio Aperto. Tra i momenti più importanti, i reportage dal Kosovo nel 2001, l’intervista ad Adriano Sofri nel 2002. Nel 2010 divento direttore di Studio Aperto. Due anni dopo del Tg4”.

Pura meritocrazia. “Quando sono entrato in Mediaset non avevo idea di chi fosse Berlusconi. Sono entrato in un mondo totalmente meritocratico, dove vai avanti e fai carriera se sei capace. Non ho mai visto nessun raccomandato passarmi avanti. Il mondo di Berlusconi è fatto di meritocrazia e funzionalità, di questo bisogna darli merito”.

Giovanni Toti con la moglie Silvia Magri
Giovanni Toti con la moglie Siria Magri

Tutto casa&Mediaset. “In Mediaset ho conosciuto mia moglie, la giornalista Siria Magri. Ci siamo sposati nel 2003, a Pietrasanta, l’11 settembre, per non dimenticare l’anniversario. Ci ha sposati il Sindaco Massimo Mallegni, tornato recentemente Primo Cittadino di Pietrasanta dopo una vicenda giudiziaria assurda: accusato di circa 52 reati, ne è uscito totalmente indenne”.

I miei maestri. “La mia carriera è cambiata grazie a Mauro Crippa, attuale Direttore Generale Informazione Mediaset. Era un capodanno di molti anni fa, ero a Parigi con mia moglie. Mi chiama Crippa, mi propone di rientrare su Roma per coordinare i programmi politici. Una occasione irripetibile. Fedele Confalonieri, invece, è stato davvero un maestro di vita”.

I figli di Berlusconi in politica? Ne dubito. “I figli di Berlusconi avrebbero tutte le capacità per fare politica, ma dubito che questo accada. Amano troppo il loro lavoro e le loro aziende. E non credo che Berlusconi desideri per i propri figli il calvario che ha subito lui da quando è entrato in politica”.

Due pesi e due misure. “Non si capisce perché se un giornalista Rai fa politica, pensiamo a Piero Marrazzo e a Piero Badaloni, ma anche alle gite al Parlamento Europeo di Lilli Gruber e di Michele Santoro, va tutto bene; se invece è un giornalista Mediaset come me a fare politica, allora si infrange la deontologia professionale. Diciamo che in questo Paese si ha l’abitudine a scusare quasi tutto a sinistra e quasi nulla a destra”.

Il gioco dei giudizi: Emilio Fede. “Un grande maestro di giornalismo, da cui ho imparato molto. Poi, è chiaro, non gli sarà andata giù che l’ho sostituito come direttore del Tg4”. Giovanni Floris: “Bravo”. Massimo Giannini: “Sopravvalutato”. Lilli Gruber: “Ha trovato un suo modo, è riuscita a intellettualizzare il chiacchiericcio”. Luca Telese: “Un amico. Un entusiasta confusionario”. Paolo Del Debbio: “Filosofo. Ha creato un suo genere televisivo. A Milano lo candiderei subito, sarebbe perfetto. Ma non penso ne abbia voglia, purtroppo”. Bianca Berlinguer: “Una signora della televisione. Il suo cognome dice tutto. E questo è un Paese dove i cognomi, le schiatte, contano ancora molto”.

Il “caso Verdini”. “Verdini, Bondi, Fitto se ne sono andati da Forza Italia? Ce ne faremo una ragione. Da due anni Forza Italia sta cercando di rinnovare la propria classe dirigente, ritengo che questo sia estremamente positivo. I partiti cambiano, devono cambiare. Anche Toti, dopo il suo periodo nella politica, lascerà il posto a un altro, tornando al suo lavoro. Credo che la politica come professione, come lavoro sia un male”.

Verdini bis. “Il dissenso nei partiti c’è sempre, guai non fosse così. Non ho mai accettato il ‘patto del Nazareno’, non mi è mai piaciuto: non per questo ho lasciato il partito. E poi, troppo facile lasciare il partito restando seduto in Parlamento. A quel punto, visto che uno ha preso i voti del proprio partito, si lasci anche il Parlamento, con tutti i suoi benefici, per cedere il seggio ad altri”.

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Fidarsi di Renzi? Siamo matti! “Se c’è ancora un italiano che si fida di Matteo Renzi, ha bisogno di aiuto…”.

Politica internazionale: l’Italia non vale nulla. “Con Berlusconi, che piaccia o meno, l’Italia era al centro della politica internazionale, seduta al tavolo dei protagonisti. Da un anno e mezzo non contiamo nulla. Direi che è un problema”.

Sbarchi: la verità che nessuno dice. “Il problema dell’immigrazione è enorme, ma c’è una verità che nessuno vuole dire. In Europa e in Italia non c’è posto per tutti. La ‘cultura dell’accoglienza’ è una finzione: non è che non vogliamo accogliere, è che non possiamo permettercelo. Continuare ad accettare immigrati senza saper offrire loro cibo, alloggio, lavoro è ipocrita”.

Sbarchi 2: riaprire i CIE è una risposta. “Cerchiamo di capire davvero il problema. Su 10 immigrati, 2 hanno davvero i requisiti del profugo che può chiedere rifugio politico. Il resto è illuso di trovare qui una vita migliore che non c’è. Con il rischio di creare tensioni sociali insanabili. Perché? Perché allo Stato un immigrato costa 40 euro al giorno, che sono 1200 euro al mese. Mentre un italiano con la pensione minima arriva appena a 600 euro. Per questo ritengo che sia necessaria riaprire i Centri di Identificazione ed Espulsione, che sono pochi e funzionano male. I CIE disincentivano gli sbarchi, perché chi viene in Italia è identificato e, se privo di requisiti, espulso. Per altro, i CIE non sono un provvedimento ‘di destra’: sono stati previsti dalla legge Turco-Napolitano, creata da Livia Turco e dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Se non si interviene con decisione rischiamo un paradosso grave: uno Stato ferocemente efficace contro i commercianti italiani, contro i cittadini e lassista con gli immigrati”.

Il “caso Crocetta”. “Sia Crocetta che Marino, visto quello che è successo, per responsabilità politica, dovrebbero tornare a casa. Tuttavia, non si possono usare le intercettazioni – mi riferisco al caso del Governatore della Sicilia – come una lapidazione. Una legge sulle intercettazioni è ormai improcrastinabile”.

Il leader del centrodestra lo scegliamo noi. “Salvini è intelligente, ambizioso, brillante. Deve ancora dimostrare di saper governare. Non basta interpretare la paura degli italiani, bisogna trovare risposte. Penso che Forza Italia abbia ancora la forza di saper proporre il futuro leader del centrodestra”.

Soltanto la politica cambia il mondo. “La tecnocrazia e la finanza governano quando la politica non c’è, è assente, non è più in sintonia con la gente. Ma il mondo cambia grazie a grandi decisioni politiche. Winston Churchill decise di opporsi al nazifascismo quando il sistema bancario anglosassone avrebbe preferito un accordo con la Germania”.