Se non ora, quando… Rinascimento 2.0

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Esiste un filo invisibile tra cultura, turismo, patrimonio e paesaggio, elementi che hanno fatto grande l’Italia e che costituiscono i possibili punti di forza di quella riconversione post industriale che la crisi economica impone.

Nell’era della globalizzazione dei prodotti e dei mercati, della lotta alla contraffazione, della concorrenza fra modelli economici, la bellezza può contribuire alla competitività del nostro Paese, alla proiezione internazionale del made in Italy, alla conoscenza di territori e manufatti, alla diffusione di un prodotto impossibile da clonare: il paesaggio, l’arte, le tradizioni.

La ricchezza nostrana
La ricchezza dei sapori nostrani

Seppure la cultura sia fonte di testimonianze del passato, di codici linguistici e comportamentali, di opere, reperti e architetture, non va considerata un bacino stagnante di esperienze umane; è bensì un corso d’acqua che si origina, si accresce di conoscenze plurime lungo il suo scorrere, si arricchisce delle infinite contaminazioni delle civiltà di tutti i secoli.

E’ questa la ragione dell’aumento della domanda dei luoghi di cultura, di ricerca di identità contrapposte all’omologazione dell’indistinto e dell’uguale. Forse proprio il turismo culturale,  ponte tra luoghi e genti che mette in relazione passato, presente e futuro, può restituire al mondo moderno il significato più profondo di questo passaggio, apportando valore aggiunto per l’economia locale e mondiale non solo in termini materialistici e di mercato, ma soprattutto per alcuni valori inalienabili del patrimonio: ambiente, enogastronomia, arte e cultura.

 Il nostro Paese deve prepararsi a questa sfida, annullando la storica separazione fra cultura e turismo,  superando il modello di turismo di massa che congestiona le città d’arte, valorizzando in maniera sostenibile le molteplici identità del territorio.

In un’ottica di competitività delle destinazioni, fattore culturale e differenziazione del prodotto diventano cruciali per una frontiera esperienziale, estetica ed educativa, ragione per cui è necessario calare l’offerta nei bisogni del turista.  Solo così il turismo di qualità potrà contribuire allo sviluppo delle aree urbane, migliorare la competitività delle imprese, rispondere alle aspirazioni sociali locali e preservare l’ambiente naturale.

Italia patria dell’arte, capitale mondiale della cultura e museo diffuso sono espressioni talmente inflazionate da rischiare di divenire luoghi comuni acriticamente accettati. Il vero primato del nostro Paese non è di possedere la quota maggioritaria del patrimonio culturale mondiale, ma di avere, ovunque, reperti, opere d’arte, musei, teatri, monumenti, chiese, monasteri, bellezze paesaggistiche.

Il Palio di Siena
Il Palio di Siena

Per questi motivi dovremmo considerarci il più grande laboratorio a cielo, dove progettare, sperimentare e adattare tecnologie, materiali, format narrativi e meccanismi produttivi che ci consentano di conservare, tutelare e promuovere questo patrimonio, anche combattendo gli stereotipi che vedono una assoluta antinomia fra cultura e crescita economica. Non si tratta di vendere le spiagge, esportare le opere d’arte o aprire luoghi pregiati al vandalismo distratto del turismo di massa; si tratta di costruire un motore economico attorno al patrimonio culturale che lo rispetti e soprattutto lo valorizzi

Non dobbiamo vanificare il lascito delle precedenti generazioni. Investire sul patrimonio è investire sulla qualità della vita, è investire su uno sviluppo sostenibile, è caratterizzare la peculiarità italiana nel mercato globale, è definire un modello di progetto sociale, culturale, economico e politico per un nuovo e possibile Rinascimento.