Qual era l’ispirazione che animava la drammaturgia italiana del nostro dopoguerra? Difficile da definire in una frase dato che da una parte quelli sono gli anni della grande stagione di Eduardo di cui l’esempio più folgorante rimane Napoli Milionaria.
Ma sono anche gli anni di un commediografo ‘sociale’ come Carlo Terron che ha inciso come pochi sui vizi e sui vezzi della nuova borghesia postbellica.
Per quanto riguarda invece Luigi Squarzina a suo tempo celebrato per l’eccellenza dei suoi Goldoni, inferiori solo a quelli di Strehler, la sua opera omnia è stata (definitivamente?) dimenticata sia per quanto riguarda i copioni scritti con Vico Faggi sia per le sue commedie originali. Anche se la sua Romagnola meriterebbe una rilettura per la sua veemenza stilistica che per l’acuto scontro psicologico sotteso a un testo pregnante come pochi. La riproposta di questa Esposizione Universale è messa finalmente in scena con raro vigore intellettuale da Piero Maccarinelli.
Occorre, però, sciogliere immediatamente il debito contratto dall’ autore con la drammaturgia di Maxim Gorkij e alle sue figure di patetici dannati dell’anima. E anche al recupero del testo, che risale ai primi anni ’50, da parte sia di Gassman e poi di Albertazzi. Que- sta patetica occupazione , volutamente retrò, da parte di alcuni sfollati che occupano gli edifici rimasti incompiuti della futura Esposizione fascista EUR 42 non ha eguali nella storia del teatro italiano del Novecento. La stessa scelta scenografica di ambientarla in un grande stanzone pieno di letti a castello e di saliscendi dove convivono un vecchio professore fascista, varie famiglie con bambini , donne incinte e baldi giovanotti con la vocazione di capopolo che ad un certo punto vengono a contatto col mondo dei ricchi, un giornalista faccendiere e una giovane ereditiera è al riguardo illuminante.
Grazie e soprattutto all’impegno dei due protagonisti Luigi Diberti (Barzilai) e Stefano Santo spago (Curbastro) coadiuvati da ben diciannove allievi della scuola di teatro del lo stabile romano. Ne è nato uno spettacolo di sconcertante rigore e di accurata ambientazione che, anche per merito del regista, va giustamente annoverato tra le novità più eclatanti di una stagione prossima a morire. Roma, Teatro India.