Sylvio Giardina: un designer sospeso tra arte e moda

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Non è facile essere un designer giovane in questi anni. Con la crisi e la (pre)potenza economica dei brand blasonati costruirsi un nome, consolidarlo e seguire la strada, piena di ostacoli, verso il successo può essere difficile, faticoso. Le soluzioni per rimanere a galla e man mano realizzarsi sono due. C’è quella facile, che spinge ad allinearsi alle esigenze di mercato, a piegarsi ai diktat imposti dai big sulle passerelle internazionali nella speranza di cavalcare trend e stili altrui per emergere, o quella, affatto semplice, di rimanere fedeli a se stessi, di mostrare devozione assoluta per le proprie visioni e aspettare, che tanto la perseveranza paga, prima o poi.
Ecco, Sylvio Giardina ha fatto della seconda scelta la propria bandiera. Ha scardinato dal suo percorso parole come ‘facile’ e ‘omologazione’ e ha saputo costruire con la pazienza di una formica operosa un percorso creativo sospeso a metà strada tra moda e arte, spazzando via le cicale in cerca di comodità. Con perseveranza ha cercato un modo di raccontarsi trasformando gli abiti in manifesti attraverso cui esprimere le sue emozioni più intime, affermandosi come un unicum nel suo genere. Una voce cristallina fuori dal coro che parla di moda sì, ma che la realizza dandole una dignità diversa, più vicina all’espressione artistica che alla tendenza, in continua ricerca di un equilibrio tra le costruzioni sartoriali con una personalità propria, retaggio di un passato da couturier, e la figura di chi si trova ad indossarle.

Una presa di posizione, quella del designer con l’anima da artista, che trova l’ennesima conferma nell’ultima collezione presentata a Parigi, “Black Mirror”, questa volta ispirata da un oggetto piccolo ma pieno di spunti di riflessione: lo “specchio Claude”. Si tratta di un specchietto convesso usato dai pittori del passato per studiare i paesaggi, distorti nella loro immagine riflessa. Allo stesso modo Sylvio usa colori e materiali – velluto, multiprene, pelle, scuba, jersey, tulle- per sperimentare, per creare effetti ottici  innovativi, costruendo forme e volumi che accolgono il corpo,  abbracciandolo con lavorazioni dall’alto valore artigianale per poi liberarlo, in parte, con le trasparenze studiate al millimetro di pizzi e reti. Una ricerca, quella dei volumi perfetti, delle geometrie dal rigore ambizioso, che trova una naturale continuità nella mini collezione di accessori, orecchini dai volumi macro in plexiglass e collari in tartaruga, che giocano a creare nuove armonie con le silhouette.
di Donatella Perrone