Più che teatro è teatro canzone. In Genteinattesa – Il precario e il professore, in tournée in questi mesi e andato in scena al Teatro Duse di Bologna poche sere fa, scritto e interpretato da Giuseppe Battiston e Piero Sidoti, con le musiche originali di quest’ultimo, recuperiamo un genere, anzi un “bene” per usare le parole del deputato Carlo Carli, che lo fece diventare una proposta di legge nel 2003.
Giuseppe Battiston è il furbetto con lo spritz nel suo abito da vacanziere di riviera, il professore (quindi con le spalle coperte) perennemente in happy hour, il meschino dedito al vuoto. Piero Sidoti, che l’insegnante di matematica lo fa davvero a Udine, è anche Premio Gaber e Targa Tenco come cantautore, qui è il precario super specializzato, laureato, masterizzato e impegnato che si racconta con le canzoni, che si oppone con il testo in musica al vuoto del bicchiere e alle pose del professore.
Lo spettacolo è la messa in scena di una generazione che, per paura di sentirsi inadeguata, perché è così che la fanno sentire, è costretta a mantenersi giovane, giovane sempre con un lungo futuro sempre davanti, sempre più in là, quasi irraggiungibile. Una generazione che deve qualificarsi di continuo e di continuo essere in “offerta speciale”. È gente in attesa che qualcosa cambi, che spera in un miglioramento, una “gioventù” derisa dal Battiston professore, che snocciola cinismo e una serie di stratagemmi da manuale di impassibilità di fronte a tutto.
Battiston e Sidoti la situazione l’hanno vissuta sulla loro pelle, amici da sempre, «al bar hanno inscenato e scritto l’intero spettacolo, che è partito dalle canzoni» racconta il professore di Udine, quello vero, «e dove c’è molta commedia dell’arte, nel senso che ogni sera è diversa. Possiamo affermare che c’è un appuntamento con il testo durante lo spettacolo, ma improvvisiamo molto».
L’importante comunque «è parlare a vanvera» insiste Battiston durante lo spettacolo, «eseguire pose, darsi un tono, occupare spazio» e divertirsi, avere sempre qualcosa su cui conversare ma passivamente, omologandosi. Il precario Sidoti però non riesce a non riflettere a modo suo con la canzone Loro e si chiede «ma che bello era il mondo quando eravamo in tre gatti. Ed è stato uno sbaglio popolarlo di tutti perché si stava meglio prima dei tempi dei tempi, quando eravamo in trecento Neanderthal ma veramente contenti».