Milano Merita propone un approccio liberale alla cultura; pensa per esempio che i teatri possano essere ristrutturati e gestiti da privati, senza il timore che questo snaturi l’indipendenza delle scelte di cartellone o l’integrità dell’offerta culturale.
Il caso del Teatro Lirico di Milano è, in questo senso, esemplare di quanto NON avrebbe dovuto essere fatto: storico palcoscenico milanese, fondato nel 1717, ha avuto vicende alterne e conosciuto momenti di grande gloria, sino al declino, avvenuto nel 1999. Da allora, si sono succedute decine di proposte di ristrutturazione, tutte concluse con un nulla di fatto sino a quando, nel febbraio 2014, è stato lo stesso Sindaco Pisapia ad annunciare che sarebbe stato il Comune di Milano a farsi carico della riapertura.
Ma come? Un Comune alle prese con tagli e interventi ben più urgenti, legati alla sicurezza, alla gestione degli alloggi, alla questione immigrazionale… che investe 16,5 milioni di euro nella ristrutturazione di un teatro a cui sarebbero stati interessati diversi fondi di investimento e operatori privati? Senza contare che era sotto gli occhi di tutti, per esempio, il successo del progetto Arcimboldi, che diventerà un punto di attrazione importante anche in occasione di Expo 2015.
La strada migliore sarebbe stata quella di far gestire la “cosa pubblica” da un finanziatore in grado di presentare una proposta innovativa. E di dare maggiori garanzie in termini di rispetto dei tempi di ristrutturazione che sono già slittati in fase di assegnazione dell’appalto. Solo un privato, senza timore di vedere associata la parola “profitto” a quella “cultura” (abbinamento troppo spesso e senza ragione demonizzato dall’amministrazione arancione), avrebbe potuto sviluppare un progetto in cui trovasse spazio un palco all’altezza della scena milanese, ma anche una serie di attività collaterali in grado di muovere pubblico e interesse, al di là delle rappresentazioni teatrali, come accade in decine di casi di successo all’estero. E si sarebbe “meritato” il contributo che spetta a chi fa proposte di qualità.
Invece no. Si è preferito mantenere saldo nelle mani del Comune l’intero progetto, per poi limitarsi ad affidarne la gestione a terzi. Un sistema obsoleto e poco redditizio. E proprio qui sono cominciati i problemi. Difficile trovare qualcuno che si accolli l’apertura di un caffè, un ristorante, una libreria, uno spazio da appaltare per mostre ed eventi… e che sia in grado di trasformare il Lirico (che diventerà Teatro Giorgio Gaber) in un punto di incontro e socializzazione. Facendosi carico, per esempio, di costi stimati in 1.5 milioni di euro solo per gli arredi.
Bisognerà aspettare l’estate, dicono da Palazzo Marino, per sapere chi si accollerà il fardello di ridare ai milanesi un luogo simbolo. Sempre che qualcuno si presenti.