Giacomo Cossio, il Van Gogh del parmense

0

Giacomo Cossio

Può un artista come Van Gogh essere ancora oggi fonte di ispirazione per l’arte contemporanea? Di sicuro lo è per Giacomo Cossio, artista emiliano che vive e lavora a contatto con la caotica e istintiva naturalità del paesaggio agricolo parmense, pieno di luce, colore ed energia.

Giacomo Cossio nello studio
Giacomo Cossio nello studio

Riferimento tangibile delle composizioni di Cossio – costituite da macchine e piante – è il Van Gogh del soggiorno ad Arles, dove si manifesta quel modo di vedere sempre diretto sull’oggetto, pieno di partecipazione personale, attraverso l’uso di un colore che non trova più corrispondenza mimetica nella realtà. Il colore per Giacomo Cossio, come un tempo per Van Gogh, è l’unico tramite dell’espressione individuale, dell’immagine della realtà come si plasma nella mente del pittore. Un giallo intenso, un arancio acceso, un verde acido sono dispensati dal compito di rappresentare un’immagine esterna e sono scelti solo in virtù del loro effetto sull’opera.
Camion, ruspe, trattori, rimorchi, betoniere, apecar e aiuole, macchine e colori prelevati dal contesto naturale, ma riletti alla luce di una personale re-interpretazione e ri-costruzione della realtà.
L’autonomia pittorica delle cromie sembra far galleggiare macchine e aiuole nel mare incandescente delle superfici colorate. La riduzione e la scomparsa della dimensione figurativa, che riaffiora nella trama dell’opera attraverso l’elemento della ruota, sembra sovrapporsi ai processi di smaterializzazione della produzione.

Giacomo Cossio, 2014
Escavatore arancione, 2014

In questo percorso di deduzione formale e riduzione della pittura a icona, a invenzione “mentale”, Giacomo Cossio si considera “l’ultima ruota del carro”, la quinta ruota di riserva che viene a completare un cammino di sintesi ed esacerbazioni della pittura, intrapreso da Van Gogh e, dopo di lui, da altri autori come Dubuffet, Basquiat e, non da ultimo, Moreni.
Anche Cossio discende da quella catena di artisti che misurano le possibilità evocative messe in atto dall’abbandono della linea e della forma descrittiva a favore della ri-costruzione e ri-strutturazione del reale con la materialità delle paste lavorate e del colore sensuale.
I “trattori” per Cossio, come i “girasoli” per Van Gogh, le “non-angurie” per Moreni, l’elemento della scrittura per Basquiat, gli oggetti dell’Hourloupe per Dubuffet, sono pretesti attraverso i quali l’artista intende ricostruire progressivamente l’intero suo universo poetico a partire da mezzi “mentali”, progettuali.

Cossio
Macchina 39, cm.39x21x8, 2011