Fabrizio Musa: opere d’arte in txt

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Tra Como e New York, il guru della Scanner Art
sulle orme del grande Terragni

di Davide Fent

Fabrizio Musa, nato a Como nel 1971 è un artista poliedrico. C’è sempre una luce, di notte, alle finestre del primo piano che danno su Piazzolo Terragni sede della Fondazione dedicata al padre del Razionalismo, e rimane accesa fino all’alba. È la luce del suo atelier, vita e lavoro tra il 55 di via Indipendenza a Como e il 200 Est 82nd street di New York.

Inizialmente, Musa si è ispirato alla dinamica degli scambi tra cinema e pittura, dedicandosi all’analisi dell’organizzazione spaziale e allo studio del terreno comune dell’iconografia del corpo con le stesse tecniche di ripresa e decoupage cinematografico, come fecero Leger e Duchamp. Le sue prime opere, infatti, sono non a caso ispirate e dedicate a Stanley Kubrick. In seguito, l’artista ha manifestato una sorta di mania per la Coca Cola: “Mi piace tutto della Coca Cola, dal marchio, alle bottiglie. Mi ricorda Mario Schifano e Andy Warhol. I miei primi quadri sono ispirati proprio alla pop art di Warhol, che continua a piacermi. Prima o poi comprerò un suo quadro”.

Fin dall’esordio artistico nella seconda metà degli anni Novanta, Fabrizio Musa ha contaminato le tecniche pittoriche tradizionali con le nuove tecnologie: da sempre indagatore dell’arte digitale, l’artista ha coniato il termine Scanner Art per definire il particolare procedimento con cui realizza le sue opere. Utilizzando appunto lo scanner, Musa trasforma le sue fotografie in file txt (solo testo), riducendo la definizione dell’immagine per reinterpretarla manualmente attraverso la pittura in bianco e nero, con rari accenni di altre tinte.

Fu un viaggio a New York a cambiare la vita dell’artista: “Sono andato a vedere una mostra a Central Park e lì ho conosciuto Claudio Di Blasi, che mi ha proposto di partecipare a una collettiva di beneficenza in favore della Food Bank, che si occupa dei senzatetto di New York. C’erano opere di Brad Pitt, Bill Clinton, Bono degli U2, Bill Gates e perfino di Naomi Campbell. La base era una valigetta per la merenda dei bambini, ognuno doveva abbellirla con qualcosa”. A partire da questo progetto, ha dato la sua impronta particolare al noto ristorante Per lei: “Oltre a realizzare i wall painting, abbiamo deciso insieme l’arredamento e persino il menù. All’interno ci sono 25 mie tele ed è come avere una mostra permanente nel centro di Manhattan”.

Il metodo di lavoro di Fabrizio Musa contempla una pluralità di tecniche ed è stato in più occasioni legato all’architettura. Dal 2008 collabora con l’architetto Mario Botta in un progetto di rielaborazione pittorica delle sue architetture realizzatosi poi in diverse mostre: Chiesa del Santo Volto Txt a Torino in occasione del XXIII Congresso Mondiale di Architettura nel 2008, la mostra Mario Botta.Txt alla Galleria Montrasio Arte a Monza, fino a Culture Nature alla Biennale di Venezia, 12esima Mostra Internazionale di Architettura nel 2010.

Commenta l’archistar Mario Botta: “Musa studia il linguaggio dell’architettura traducendolo in modo autonomo sulla tela, facendolo cioè diventare linguaggio pittorico a tutti gli effetti, con risultati che sorprendono. Lavora sulla luce come io lavoro sull’organizzazione dello spazio architettonico, riporta nel suo bianco e nero i risultati delle ombre nate dal contesto tridimensionale dell’opera. Ed è per me una sorta di verifica della “tenuta” dei miei lavori: l’architettura è sempre stata pensata come spazio, come struttura tridimensionale, e vederla “appiattita” sulla tela è una lettura che non avevo mai immaginato. La sorpresa è che questo tipo di lettura permette di “immaginare” la terza dimensione, che viene però offerta bidimensionalmente, come una cartografia, una radiografia in positivo tra luce ed ombra, con risultati poetici.”

Fabrizio Musa è notissimo anche per un murales/trompe-l’oeil realizzato di un muro del centro storico di Como e che raffigura Il Novocomum, l’edificio multipiano ad appartamenti progettato da Giuseppe Terragni, rendendo a pieno ed esaltando ulteriormente l’inatteso dinamismo circolare che caratterizza l’edificio. Con questo dipinto, Musa celebra Terragni trasformando un muro vuoto e spoglio in un’immensa opera d’arte. Viva, innovativa, umile.

12/09/2014