“Guardami: sono nuda”. il selfie dei desideri

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Mari Le Bones da tre anni si fotografa. Tra nudità, spigoli e morbidezze.

di Silvia Cannas Simontacchi

Seni piccoli e fieri. Piercing. Occhi azzurri appannati da una notte senza sonno, come rasoi che tagliano lo schermo, lo sfidano: “Sono così, guardami: sono nuda”. Pelle bianchissima, diafana, attraversata da vene azzurrine e capelli rosso fuoco. Come l’alba di una mattina di gennaio. Quella di Mari Le Bones non è una bellezza convenzionale, è piuttosto una sensualità inquieta, quasi disturbante. Non si riesce a distoglierne gli occhi. È neve e sangue, 50% alieno, 30% fantasma e 20% umana.

È una combattente, Mari Le Bones, e a passare per esibizionista non ci sta. Non li nasconde i graffi e gli spigoli delle sue scapole. Ma nemmeno le sue morbidezze. «Puoi giocare un po’ con la prospettiva, ma alla fine, quello che vedi è quasi perfettamente la verità». Soprattutto perché dall’altra parte delle lenti c’è ancora lei, che si guarda, si studia, cerca di capirsi e perdonarsi. Un po’ di anni anoressia, e, finalmente la bellezza ritrovata. Bella più di prima, Mari.

«Fotografarmi è stato un modo per ancorarmi alla realtà, per capire quanto spazio occupavo» spiega l’artista, che dopo dieci anni di foto, solo negli ultimi tre ha deciso di puntare l’obiettivo verso se stessa. Senza paura, complicata come le donne dei un libri di Chuck Palahniuk, imperfetta e per questo bella. Perché, come ha scritto qualcuno una volta, le donne perfette si possono benissimo lasciare agli uomini senza fantasia.

 

20.06.2014

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