Liborio Natali: ascoltare Bukowski in birreria

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Maschere, cosce nude, slip bianchi e tacchi argentati.

di Nino Spirlì


Un porco. Che si muove, quasi si contorce, a ritmo di musica elettronica. La voce roca. Quasi un grugnito. E mille verità, crude come una lama di coltello che squarcia le carni di un vivere sempre uguale. Cinico, il porco in scena, quanto Bukowski di cui si narra, e quanto Liborio Natali che narra. Di quel cinismo figlio di generose innocenze, che si impongono la maschera per non doversi giustificare col mondo. Così piace vederlo, questo sipario aperto sulla gente della birreria, che segue ammaliata. Birretta o calice che sia, rigorosamente in mano. In piedi, appoggiati alla parete, o seduti e col capo rigirato grottescamente verso il piccolo palcoscenico. Tutti maschere, stasera. Loro malgrado. Coi corpi avvitati su se stessi, alla ricerca della posizione migliore per farsi catturare dal più intossicato dei maledetti geni di quella generazione di fattoni che, però – porco giuda! – qualcosa di vero, di maledettamente vero, la diceva. Eccome.

Sregolato e dissacrante, Bukowski, irriverente e quasi sporcaccione. Sicuramente trasandato nelle vesti e nei rapporti. Ma, il Cielo mi perdonerà, divino nell’anima. Seppur schiaffeggiata dall’alcol, infatti, quella poltiglia spirituale che lo attraversava era puro angelo. Senza sesso, il poeta dell’animo umano, parla e insegna. Svela le ombre. Rivela i misteri, i segreti luridi del più intimo Io. Come a cercare la luce, li denuncia, li espone e amaramente li deride. Quasi a volersene liberare, pur vivendoli, mangiandoli, possedendoli. Pur facendone carne per il proprio desiderio. Liborio Natali lo ingoia fino a ridargli corpo e spirito vitale. Abbandonandosi magistralmente a lui. Non ne distingui i confini, dell’uno e dell’altro. E ti agiti, ti ecciti e godi di questa mano nella merda. Di una calata nell’inferno dell’uomo. Del sesso. Di una vita che passa. E non resta.

Ecco, cosa fai. Cogli l’attimo perché sai che sta per finire. E non vuoi che passi a vuoto, questa volta. Gli rubi il suono della voce, il ritmo delle cosce nude sopra i tacchi alti argentati, le vibrazioni dello slip spudoratamente bianco. Rubi la sfrontatezza di quella maschera da porco e cadi ai piedi della Minnie ancora più sensuale, se si può, che gli sta alle spalle, a mixare le musiche di Marek Hemmann. Un’orgia di sensazioni difficile da riportare con le parole. Bisogna seguire lo spettacolo in tournée. E lasciarsi andare. Proprio con una birra in mano e l’infinito negli occhi e nella mente. Bravo, Natali!

Le foto di Liborio Natali sono © Ernesto Romano

02.02.2014