Nei disegni dell’artista romana la malizia innocente degli anni Cinquanta.
di Simonetta Sciandivasci
Milk shake batte sushi. Hamburgherianesimo batte veganesimo. Milano e Roma assomigliano sempre di più al cervello di Elvis, buonanima, e ai sogni culinari che lo portarono al Creatore. Le centinaia di american bar e bakery house che impazzano in tutta Italia hanno riportato in vita l’estetica rockabilly dei favolosi anni Cinquanta e Sessanta, quando l’America era il sogno di tutti, OccupyWallStreet non esisteva neppure negli incubi e i figli si facevano con la spensieratezza del twist. Parecchio prima che zazzera e pois tornassero l’hype del momento, una ragazza, padrona in egual misura di arti meccaniche e liberali, disegnava già con un tratto pronipote dello swing. Si tratta di Daniela Volpari, 28 anni, visetto italiano e sguardo di Grease, nata e tuttora residente a San Cesareo, in provincia di Roma.
Di professione disegnatrice freelance, Daniela è stata allieva della Scuola Internazionale di Comics e subito dopo ha iniziato a illustrare favole per bambini. Negli ultimi mesi sta lavorando al primo libro tutto suo, una storia d’amore lunga cinquant’anni (dal 1910 al 1960), che cercherà di alleggerire il senso di tempo e vecchiaia. Editore Marmaille&Co, e solo a scriverlo vien rabbia, perché è francese e non italiano. Dove sono gli italiani, tutti appresso a Zero Calcare? Nel portfolio della nostra matita rockabilly ci sono una sfilza di nomi transalpini, mentre molto più rari, invece, sono i lavori per la carta nostrana. Non facciamocene una ragione e ragioniamoci su.
I disegni di Daniela sono intrisi di dolcezza: sarà questo il problema? Sarà l’assenza, nei suoi lavori, di cinismo, politicamente scorretto, nichilismo e pernacchismo a tenerla lontana dalle nicchie in cui ci ostiniamo a relegare il vigore della bellezza leggera, della poesia incantata e materialista di chi se ne frega di interpretare lo Zeithgeist e cerca ancora di fare arte che tributi la vita e non la rabbia?
Vedere le sue creazioni è facilissimo, peraltro: basta andare sul suo blog (www.danielavolpari.blogspot.it) e scorrere. Si incontrano Forrest Gump alla fermata dell’autobus, Marlon Brando che – in una stanza rosa Lambrusco di Sorbara – fa un briefing con l’angioletto della morte; Spongebob a caccia di meduse; serenate di coniglietti e panda; Cleopatra che esala l’ultimo respiro dopo il morso dell’aspide. Che c’entra il rockabilly? È il tratto flessuoso che sa di rockabilly. Sono i pois che festeggiano sulle gonne, il vento che le gonfia, il colore caldo da muffin appena sfornato che illumina ogni dettaglio. È lo spirito malizioso, godereccio e comunque innocente, che sembra voler alzare i plissè molto oltre le ginocchia delle ragazze, senza però farlo mai, perché sarebbe sconveniente. E Daniela non disegna per turbare, ma per ingentilire e far sognare.
Concordo. In Italia va di moda il cinismo, la propaganda, il disegnino che spiazza e chi ostenta di più se stesso anziché il racconto. Per questo le cose così etereamente perfette non vengono valorizzate: perché in Italia la sincerità non è di moda, anche nell’arte. (Io comunque continuo ad ammirare il suo lavoro, la sua discrezione e profonda professionalità).
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