Valle okkupato: l’ipocrisia del “Bene Comune”

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Ve lo avevamo detto. Al Teatro Valle occupato di Roma, l’attività artistica è solo una variante della politica. L’ambizione degli occupanti è ottenere peso e visibilità che nulla hanno a che vedere con l’arte teatrale. Oggi Alexis Tsipras, il candidato di Gue (Gruppo di Sinistra Unita) alla presidenza della Commissione europea, è arrivato nel teatro romano per presentare la propria lista, mostrandosi disponibile al dialogo con le forze di sinistra in Italia.
L’editoriale di Angelo Longoni pubblicato da OFF aveva preso di mira proprio questo versante dell’attività del Valle.

 

E’ un vizio tutto italiano quello di inglobare nel linguaggio corrente costruzioni verbali condivise da tutti, ma rielaborate a proprio piacere al fine di perseguire i propri interessi. E’ il caso di “bene comune”, espressione che talvolta viene brandita come un’arma. Pare basti definire una cosa “bene comune” per metterla al di sopra dei giudizi, del buon senso e della verità, anche se se ne fa un uso finalizzato ad avvalorare i propri principi, le proprie priorità se non i propri interessi. Ed è qui che il bene smette di essere comune e diventa personale.

Non sfugge a questa regola anche l’occupazione del Teatro Valle, che definisce “bene comune” un luogo che, da due anni, viene gestito in modo padronale e autoritario da un numero sparuto di persone. Nel più antico teatro d’Italia si è creato un ambiente altrettanto chiuso di quello dei teatri stabili, da sempre condizionati dalla politica. Una specie di dittatura che nessuno ha il coraggio di chiamare tale per non passare per reazionario. Che differenza c’è tra l’oligarchia d’appartenenza ai partiti e l’oligarchia degli occupanti?

Io che sono stato di sinistra da molto molto prima degli occupanti, dico che nella loro azione c’è solo la volontà di sostituire un potere ad un altro, facendosi beffe delle regole. Alla volontà iniziale degli occupanti di agitare le acque paludose del sistema teatrale si è sostituita quella di un gruppo che applica il metodo della discriminazione nei confronti di tutti coloro che non si allineano. Non è un caso che molti artisti, giunti a sostenere l’occupazione nei primi giorni si siano dileguati a causa dell’aggressività manifestata nei loro confronti. Al Valle non è possibile dissentire dalle pratiche di un sistema fintamente assembleare. Chi la pensa in modo diverso è fuori.

Gli occupanti hanno sempre goduto dell’appoggio indiretto e inconfessabile delle Istituzioni che, pur criticando l’occupazione e denunciando l’assurdità legale della situazione, non hanno sgombrato lo spazio o staccato le utenze. Nulla è stato detto a questo proposito dai politici o dai direttori degli stabili, forse per paura di essere tacciati di non riconoscere il fatidico “bene comune”.
Ma si può definire “Bene Comune” un luogo in cui, esattamente come in un qualsiasi altro teatro stabile o privato, la direzione artistica, mimetizzata da collettivo, si autoincensa, si autoalimenta e si autoproduce?

In virtù di queste considerazioni tutto il mondo del teatro romano si pone in contrasto con i privilegi incomprensibili di cui godono gli occupanti. Non è un caso che l’Agis Lazio abbia posto la questione Valle come elemento che cozza con tutto il sistema teatrale cittadino che, al contrario degli occupanti, ha l’obbligo di muoversi nell’ambito della legalità. Ci sono più di 150 imprese che denunciano l’ingiusta alterazione del sistema di concorrenza che si è venuta a creare dopo l’occupazione del Teatro Valle.

E, come accenavamo prima, anche la questione “artistica” non è meno imbarazzante. Forse non tutti sanno che gli occupanti hanno poco gentilmente chiesto ad un centinaio di autori teatrali di non rimettere più piede in teatro. Forse il “Bene Comune” è un po’ più “Comune” per alcuni. Il palcoscenico del Valle è precluso a chiunque non sia in linea con l’occupazione. L’esclusione di molti a favore di pochissimi dichiara di per sé l’assenza di una vera concezione di “Bene Comune”, si è di fronte ad un ennesimo privilegio assimilabile a tutti i privilegi che quotidianamente vengono denunciati in Italia.

Perfino al padre nobile dell’occupazione, il giurista Stefano Rodotà, sfugge che, dal punto di vista della pratica teatrale, l’unico “bene comune” è la garanzia di un pluralismo artistico che gli occupanti non garantiranno a nessuno.

E che dire dell’aspetto giuridico di una fondazione che non detiene la proprietà dell’immobile nel quale opera? Senza contare che una parte dell’edificio è di proprietà di un privato. La proprietà del bene è condizione indispensabile per costituire una fondazione.

I giornali riportano i costi e i debiti provocati dall’occupazione stimandoli attorno a 1 milione e 300 mila euro, ai quali si devono aggiungere le spese per l’acqua, la luce e l’Ama che sono a carico dei cittadini. Stupisce anche che nessuno si sia mai preoccupato di controllare in quali condizioni sia il Teatro Valle oggi dopo 2 anni di occupazione.

In questo periodo di crisi economica tutte le imprese teatrali sono in sofferenza e sopravvivono tra mille difficoltà, perché dovrebbero rispettare regole e procedure per operare correttamente quando c’è chi è autorizzato a non farlo?

 

 

13 Commenti

  1. Per un caso fortunato e fortuito, lo scorso fine settimana ho assistito a un convegno economico-giuridico fra i cui relatori c’era anche uno dei professori di diritto che sta aiutando gli occupanti del Valle. Ho avuto una lunga conversazione privata con questo professore sulla questione Valle e ho chiarito a me stesso e anche a lui, alcuni equivoci di fondo della faccenda. Vi racconto i punti salienti della mia chiacchierata.
    Ebbene, il tema centrale della polemica è la definizione del concetto stesso di “bene comune”. Ho esordito, provocatoriamente, chiedendo a chi fosse “comune” il bene Teatro Valle, dal momento che alcuni ne dispongono illegalmente e altri no. Mi ha risposto il Professore: “Ogni occupazione è illegale, su questo non ci sono dubbi. Anche i nostri figli che occupano le scuole commettono un illecito, eppure si tratta di forme di protesta spesso feconde di nuove idee e nuove energie”. Ovviamente ho obiettato che un’occupazione può essere “feconda” se dura poco e se da subito si propongono nuove idee concrete ed attuabili ma se va avanti per due anni si trasforma in un noioso esproprio. Gli ricordo al professore, che questi “complici e comunardi” non sono i ragazzini delle scuole che protestano per sentirsi adulti ma gente adulta che additando la tutela al cosiddetto Bene Comune non propongono nulla al Bene Comune. Si vedono solo dei personaggi aggirarsi all’interno e all’esterno del teatro come dei fantasmi, gratificati forse di sentirsi nominati “complici o comunardi” ma certamente smarriti e consapevoli di contemplare con aria sorniona e reazionaria un’attesa di un epilogo verso il nulla.
    Anche il loro leader “carismatico”, un omone grasso e sporco dai capelli lunghi e spettinati, pantaloni sfilacchiati e vestiti usurati con la faccia arcigna e cattiva da buttafuori definito dai suoi stessi adepti un vero prepotente sembra anch’egli un fantasma in attesa di questo epilogo, pur mantenendo con aria di convinta superiorità e indolente superbia il suo inutile ruolo di capo indiscusso . Insomma il Teatro Valle per i “complici e i comunardi” è più un luogo di ritrovo che di vero pensiero, un luogo di bivacco che fucina di idee, un luogo di passiva quotidianeità che di attivismo, con tavolini improvvisati davanti all’atrio del teatro, conversazioni stupide fatte di pettegolezzo e cattiveria, musica ad altissimo volume, occasionali boccioni di vino e facce volgari pronte a litigare contro chiunque possa contraddire il loro “sublime pensiero” o ferire il loro narcisismo. Insomma sono questi i custodi del Bene Comune? Sono questi che chiedono il riconoscimento di una Fondazione per la tutela del Bene Comune? Ma sono ridicoli. Dovè la loro prestanza intellettuale? La loro capacità creativa? Il loro carisma? Il loro stile? Io non vedo nulla in queste persone. Non vedo in loro quell’energia individuale o collettiva che può ribaltare in ogni momento situazioni piatte in situazioni di grande forza creativa. Insomma non si vedono tra loro i “geni” che tutti i grandi movimenti del passato hanno avuto. Ribatte il professore, ma il genio si manifesta soltanto con la creatività delle idee e credo che in questi ragazzi di creatività ce ne sia. Replico, caro professore, io vedo solo decadenza. Vedo solo gente opportunista che usano l’intelligenza non per creare, ma per trovare attraverso il riconoscimento della fondazione, un luogo di lavoro nella fondazione cosi da diventare opportunisticamente burocrati della fondazione per la tutela del cosiddetto bene comune. Ma lui: “Quello che sostiene il concetto di bene comune non è la collettività ma la funzione. E la funzione da garantire per un luogo come il Valle è quella culturale e teatrale. Il Teatro Valle rischiava di essere trasformato, di avere un’altra destinazione d’uso”.
    Ecco la prima balla, di cui il mio Professore non è colpevole. Del resto non è necessario che un insigne giurista sappia le dinamiche del teatro italiano ed è ovvio che, chiamato in causa da qualcuno, si fidi di ciò che costui gli dice. Il problema è che “costui” gli ha detto il falso. Come si può pensare che il Teatro Valle possa essere trasformato in un garage o in un supermercato? Che cosa facciamo, spianiamo i palchetti? Mettiamo le automobili in mezzo agli stucchi? Pensare che il Valle possa cambiare destinazione d’uso è una semplice idiozia: ci sono sufficienti leggi a proteggere l’incolumità di una sala da teatro del Settecento Fatta questa obiezione al Professore, è venuta fuori la seconda balla. “D’accordo, mi ha detto, ma il problema, nel caso del Valle, ripeto, è la funzione. La sua funzione teatrale andava garantita. Se un gruppo di cittadini si appropria di un teatro chiuso e lo fa vivere nuovamente, allora garantisce la funzione originaria di un bene comune.. Noi ci siamo occupati di favorire questo aspetto della questione”. Domanda: scusi, professore, sa da quanto tempo il Valle era chiuso quando è stato occupato? Dopo una pausa di riflessione, come a cercare la risposta, il mio interlocutore ha risposto: “Mah, mi sembra che fosse chiuso da alcuni anni…”. Ho dovuto spiegare al Professore che il Teatro Valle, quando è stato occupato, era semplicemente in una fase di “chiusura estiva”, ossia era chiuso da qualche settimana… Il problema, semmai, è che per evitare che il Valle tornasse al Comune e il Comune lo destinasse al Teatro di Roma, qualcuno lo ha occupato sperando di strappare alle istituzioni una gestione diversa… Ma che il Valle fosse chiuso da anni e che ne andasse tutelata la “funzione” è la balla colossale sulla quale si fonda l’occupazione. Domando, al mio interlocutore: Professore, come prevede andrà a finire? Mi ha risposto, secco: “L’occupazione del Valle è fallita. Gli occupanti dovevano garantire la funzione culturale del bene comune e invece il bene comune non svolge alcuna attività culturale se non occasionalmente.Non c’è un progetto culturale, non c’è una programmazione. Informo il mio interlocutore: Professore sa Lei che gli occupanti nei primi anni di occupazione hanno chiesto ad un centinaio di artisti affermati di non rimettere piede nel teatro. Non è un caso che molti artisti, giunti a sostenere l’occupazione nei primi mesi poi si siano dileguati a causa dell’arroganza manifestata nei loro confronti. Al Valle non è possibile dissentire dalle pratiche di un sistema fintamente assembleare. Il palcoscenico del Valle è precluso a chiunque non sia in linea con l’occupazione. L’esclusione di molti a favore di pochissimi dichiara di per sè l’assenza di una vera concezione del bene comune. Chi pensa in modo diverso da loro è fuori – da un luogo che da due anni viene gestito in modo padronale e autoritario e da un numero sparuto di persone. Una specie di dittatura che nessuno ha il coraggio di chiamare come tale per non essere additato come un reazionario. Che differenza c’è tra l’oligarchia dei partiti e l’oligarchia degli occupanti ? Ed è qui caro professore che il bene comune smette di essere comune e diventare personalistico. Mi dispiace, professore per il suo impegno per queste persone, ma purtroppo il bene comune ormai viaggia verso il nulla. Domando ancora al mio interlocutore: Professore, è ancora convinto sull’occupazione? Mi ha risposto, secco: Il fallimento del Valle nasce dall’incapacità degli occupanti di non essere stati in grado di frenare la loro arroganza, il narcisismo, l’incapacità di relazionarsi con gli artisti, gli impresari, le istituzioni ed empatizzare con i cittadini. Per questo il progetto Bene Comune ha fallito. La terza balla chiedo al professore che ne pensa del termine accessorio rappresentato nello statuto della fondazione all’art.4 punto 4.2 dove si legge:……………svolgere in via accessoria vendita di prodotti legati… alle arti visive al settore dell’editoria e degli audiovisivi……compiere operazioni economiche o finanziarie, mobiliari o immobiliari…… gestire strutture ricettive per ospiti ………condurre attività di somministrazione di bevande e alimenti……..gestire spazi di distribuzione e vendita al minuto di prodotti di ogni specie……..purchè coerenti con il Codice Politico. Domando al professore, è la volontà di adottare e intraprendere un sistema di iniziative indipendenti dalle leggi italiane e dai regolamenti comunali senza essere vincolati come tutti i cittadini agli obblighi di legge in materia fiscale e amministrativa? Il mio interlocutore dopo una pausa di riflessione ha risposto: “Mah… . Allora insisto e domando: Caro professore, i suoi amici occupanti sono degli autentici furboni. Lo statuto della fondazione Teatro Valle Bene Comune, prevede un sistema di autogestione finanziaria. Prevede che non si debba pagare alcun onere nè allo Stato, nè al Comune, nè alla Regione nè alla SIAE, nè per l’agibilità del teatro, nè per i vigili del fuoco, nè per tutte le spese attinenti alla gestione dell’attività, discriminando di fatto gli altri teatri pubblici e privati che invece per legge sono obbligati, pena la chiusura. E che dire dell’aspetto giuridico di una Fondazione – il Valle occupato non detiene la proprietà dell’immobile e pertanto gli occupanti dimenticano che la proprietà del bene è condizione indispensabile per poter costituire una Fondazione. E poi sarebbe opportuno ricordare ai custodi del bene comune, che il foyer e il teatro sono di proprietà del marchese Capranica del Grillo Pezzana e che dovrà essere risarcito dal comune di Roma e quindi dai cittadini per i canoni di locazione non riscossi, per un importo di arretrati di quasi 400 mila euro. Stupisce anche il vergognoso silenzio dei Beni Architettonici del comune di Roma che non si è mai preoccupato di procedere ad un ispezione per verificare in quali condizioni si trovi il teatro settecentesco oggi dopo 2 anni di occupazione. Mi rivolgo alla Soprintendente Pierdominci che si atteggia a grande moralista perchè non controlla personlmente visto che gli occupanti hanno creato una cucina nel teatro senza i requisiti urbanistici e di sicurezza antincendio. Aggiungiamo poi le normali utenze elettricità, riscaldamento, aria condizionata, telefono, internet, acqua, nettezza urbana, sostenute fino ad oggi dal comune di Roma e che si aggira in 350 mila euro. Per non parlare del mancato versamento all’ENPALS e alla SIAE per un importo di 600 mila euro. 1.350.000 euro i debiti accumulati dagli occupanti del Teatro Valle e 200 mila euro i profitti accumulati e conservati in banca. Professore, non le sembrano dei grandi furboni…… i loro debiti li pagano i cittadini e gli introiti se li conservano in banca. Forse è questa l’essenza del bene comune? Il professore non risponde.
    Professore vuole conoscere l’elenco delle violazioni di legge del collettivo teatro Valle occupato: 1 Occupazione illegale di un bene demaniale sottoposto a tutela e vincolo storico monumentale ; 2 Danno erariale per omessi introiti allo Stato ; 3 Omesso versamento contributi previdenziali, assicurativi, assistenziali ; 4 Omesso versamento sui diritti autori SIAE ; 5 Evasione fiscale e omesso versamento IVA ; 6 Inottemperanza del servizio obbligatorio come da prescrizione prefettizia, dei Vigili del Fuoco e mancata certificazione degli estintori antincendio, delle uscite di sicurezza e di vie di fuga dal teatro ; 7 Attività di spettacolo prive delle necessarie autorizzazioni di agibilità per la sicurezza della struttura, del pubblico e degli stessi occupanti ; 8 Inosservanza dei contratti collettivi nazionali del lavoro del settore spettacolo ; 9 Resistenza a pubblico ufficiale o incaricato a un pubblico servizio ; 10 Violazione degli obblighi di verifica e tutela dei minori previsti dai compiti e dai servizi dell’Ispettorato del Lavoro ; 11 Indebiti e illegittimi pagamenti delle utenze da parte della Pubblica Amministrazione 12 Omissione di atti d’ufficio della Pubblica Amministrazione (Stato, Regione, Comune e Soprintendenza ) preposte per competenza ; 13 Disturbo continuato alla quiete pubblica e ambientale in concorso tra loro ; Caro professore, non voglio offendere la sua sensibilità, ma ritengo giusta la decisione del Prefetto di Roma di bocciare una fondazione basata sull’illegalità. Non si può costituire una fondazione utilizzando come bene strumentale un teatro pubblico occupato ormai da troppo tempo da persone prive di ogni legittimazione sociale e culturale. Adesso, il prossimo passo sarà quello di riconsegnare il Teatro Valle a Roma Capitale perchè lo possa gestire per il bene comune di tutta la cittadinanza romana. Siamo contenti che la Corte dei Conti abbia incaricato l’Agenzia delle Entrate e loro tramite la Guardia di Finanza per accertare l’entità e la responsabilità in merito ad un eventuale danno erariale procedendo anche con il sequestro dei beni custoditi dagli occupanti presso le banche.Contenti che il Prefetto stia pianificando con le forze dell’ordine l’intervento di sgombero, i cui poliziotti, carabinieri e polizia municipale saranno dotati per l’occasione di videocamera WiFi per evitare il ripetersi degli eventi come al Diaz di Genova. Preludio di questo sgombero è anche la presenza dei Servizi Segreti con l’incarico di monitorare informare e pianificare in concerto con la Prefettura. Presto al Valle finirà la commedia e tornerà finalmente il vero Teatro.

  2. E tra l’altro i cessi sono puliti. Prima di denigrare, contate fino a dieci.

  3. No, ti prego falli questi nomi. Io sono un autore teatrale e ho frequentato i lavori di drammaturgia del Valle. Per piacere falli questi nomi, visto che a me è sembrato esattamente il contrario: i giovani autori, che in Italia non vuole NESSUN teatro, si trovano in un teatro che sarebbe chiuso e venduto a privato. Scrivono, lavorano, producono insieme. Chi sono questi cento allontanati?

  4. mi sembra un articolo ben fatto, Longoni fa un ragionamento sensato e per una volta fuori dai soliti schemi.

  5. Infatti i cessi ve li fanno pulire a voi poi arrivano quelli famosi radicsl chic a fare la passerella e promuovere i loro libri ecc. Svegliatevi !! Io sono figlio di un operaio e con voi non ho nulla a che fare!!!

  6. Il teatro Valle è uno scandalo protetto dalla sx radical chic, qualsiasi altro teatro storico di Roma occupato sarebbe stato sgomberato in pochi giorni. Dite una volta per tutte…. chi sono i vostri protettori??????

  7. Mi spiegheresti quali sarebbero questi fantomatici cento artisti a cui gli occupanti avrebbero impedito di rimetter piede in teatro? Una del genere sarebbe molto grave se fosse vera, ma, proprio per questo, ancor più grave un’accusa falsa, che sarebbe da querela…
    Mi chiedo poi, visto che ritieni di sapere cosa sia un “bene comune” e come lo si gestisce, quali requisiti ritieni indispensabili affinché un teatro possa essere considerato gestito come un bene comune? Mi viene da pensare – malignamente – che forse se ospita te allora è un vero bene comune, altrimenti giù di accuse false e livorose…. se pensi che nessuno degli artisti che hanno occupato il teatro – per scelta autoimposta – ha mai messo piede su quel palco, proprio per non sentirsi accusati di usarlo per fini propri, che molti di loro non lavorano da anni o hanno comunque trascurato le loro carriere artistiche per occuparsi della gestione del teatro, comprese pulizie, accoglienza, cucina, allestimenti… non esattamente un qualcosa che possa far curriculum ad aspiranti attori… ecco, fammi capire in che modo gli occupanti lo gestirebbero a propri fini personali.
    Come uomo di spettacolo, dovresti ben comprendere che pulire cessi non è il massimo delle aspirazioni per la carriera professionale di un attore… ma lo fanno e lo fanno con amore e passione, perché vogliono tenere vivo quel teatro, per la cittadinanza, non per quegli attori o compagnie che vogliono andare solo a farci gli affari loro e poi arrivederci e grazie… il Teatro Valle Occupato, non è uno stabile, non è un mero contenitore: è innanzitutto un contenuto da condividere, una visione di impegno nei confronti della città, una presa in carico di responsabilità.

    • ecco: “cittadinanza” è un altro termine usato a sproposito, quasi con volgarità e inutile prosopopea.
      non c’è alcun cittadino dietro le manovre degli occupanti o a godere del loro operato fuori da qualsiasi legge.
      il teatro valle occupato è un contenutore di parole abusate, e di arti poco talentuose..

    • Gentile Boh,

      non credo si debba avere l’obbligo di rispondere a chi non si firma.
      E chi non si firma come fa a parlare di querele?

      Per quanto riguarda le pulizie è da quando è stato occupato il teatro che sento parlare di cessi e camerini da pulire… per me è un argomento che non mette al riparo nessuno dall’illegalità

  8. fa il paio con il fondo di prima di Luigi Mascheroni di stamane su Il Giornale,concordo in pieno….teatro e cinema una manica di falliti con i soldi nostri ed attori che a Londra o a Holliwood farebbero i lustrascarpe lungo il Boulevard….

  9. ottima opinione…condivido in pieno. è una vergogna che lavorino sempre e solo gli stessi attori, gli stessi registi. il vero “peccato e vergogna” è vedere garko e l’arcuri in tv, la ferrari al cinema, tournee teatrali con gente che non sa manco portare la voce o timbrare. leggevo da qualche parte che ozpetek non vuole nei suoi film giuliana de sio (peraltro bravissima attrice) dopo che per anni ha preso parte alle fiction di canale5. un applauso al grande ferzan! non andrebbe liberato solo il teatro valle, ma tutto lo spettacolo italiano

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