Red Krokodil, in concorso ai premi David di Donatello

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Parla il protagonista, Brock Madson: “Anch’io sono stato un tossicodipendente”.

di Eros Labin

Scene dal fondo della tossicodipendenza contemporanea: un protagonista nudo per 80 minuti, in un misero appartamento, alle prese con il proprio disfacimento fisico e psicologico. La realtà del Krokodil la desomorfina, versione fai da te dell’eroina, otto volte più potente, immensamente più distruttiva: riduce i tessuti a una zuppa sanguinolenta e regala un’aspettativa di vita di circa tre anni a chi ne fa uso) è stata magistralmente raccontata dal regista italiano Domiziano Cristopharo nel film Red Krokodil che pochi giorni fa in queste pagine per primi vi abbiamo segnalato.

Il film è in concorso per i David di Donatello 2014, ed è già un grande successo per una pellicola girata con 1000 euro di budget, con un solo attore (e anche co-produttore), l’americano Brock Madson. “Non avevo mai recitato in un film, finora avevo fatto solo il modello, e avevo recitato in teatro” racconta Madson a ilgiornaleoff.it. “Sono ovviamente felicissimo per la candidatura al David, e spero che serva a farmi conoscere anche come attore di cinema”.

Ma c’è anche un risvolto personale, che segna, se possibile, una fusione completa tra attore e personaggio rappresentato. “Anch’io sono stato tossicodipendente, dal 2001 al 2007” aggiunge infatti Madson: ” Ho provato varie party drugs, ma più che altro sono stato “sotto” alla metanfetamina. Ho saputo del Krokodil da Domiziano, il regista, e da allora ho cominciato a documentarmi, in rete, e parlando con vari amici, eroinomani ed ex, gente che ha raggiunto quel grado di dipendenza, mi sono fatto un’idea più precisa: di come ci si sente fisicamente, di quale era il feeling associato a quel tipo di droghe”.

E come si accennava all’inizio, la caratteristica del personaggio in scena è la sua nudità: “Un po’ si tratta di un simbolo. In questo caso la nudità rappresenta la totale vulnerabilità del protagonista” spiega Brock. Nella vita quotidiana abbiamo la possibilità di metterci addosso quella specifica maglietta, quel preciso paio di pantaloni, che servono, anche, come modi di rappresentarci e autorappresentarci. In questo film la nudità serve a mostrare che non c’è nulla di nascosto, che il carattere del personaggio è l’esposizione totale. Questo film serve a mostrare la vita del tossico dal di dentro. E per un tossicodipendente a quello stadio, i vestiti sono solo uno strato inutile da togliere”.

Altra caratteristica del film sono i momenti in cui il protagonista, dal suo stato di miseria, evade liricamente verso il passato o l’irrealtà. “I sogni del protagonista bloccato dalla sua tossicodipendenza, in questo film rappresentano l’urlo del subconscio” spiega Madson. Un modo di dire “Ma come accidenti sono finito qui? Ho delle memorie del mio passato, e anche delle aspettative. E’ vero, come scrisse Drieu La Rochelle, che i drogati sono i mistici dell’età contemporanea”.