Nida: da oltre dieci anni in prima linea per aiutare i più piccoli

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Nei giorni scorsi molti quotidiani e siti di informazione hanno parlato di Beatrice Naso, venuta a mancare nel 2018. Conosciuta come “la bambina di pietra”, soffriva di una malattia rara: il suo corpo si era trasformato in un’armatura che la imprigionava a causa di una malformazione genetica. Fino a qualche giorno fa, la sua patologia non aveva un nome. Dalle ricerche durate oltre dieci anni di team di scienziati, pubblicate su Nature, è emerso che malattia di Bea non solo era molto rara. Ma che era (è) unica. “Colpa” di un gene che induce la formazione di tessuto osseo dove non dovrebbe essere presente. Abbiamo conosciuto Bea nel 2013 e per lei abbiamo organizzato il primo Derby dell’Amicizia, a Venaria», racconta Walter Galliano, che nel 2012, un anno prima, a Torino ha fondato la NIDA Onlus. «NIDA è l’acronimo di Nazionale Italiana Dell’Amicizia, nata per aiutare i bimbi malati». Come? Con il format Supereroi & Principesse. «La nostra associazione conta oltre trecento volontari in tutta Italia. A Torino c’è il gruppo più nutrito e periodicamente ci travestiamo da supereroi come Batman, Spiderman, Capitan America, Hulk e altri per andare nelle corsie degli ospedali pediatrici, non solo in Piemonte, a portare un sorriso ai bimbi in difficoltà. Con noi ci sono anche le principesse più note dei cartoni animati: Jasmine, Elsa di Frozen, Biancaneve, Cenerentola e tante altre.

Il vostro impegno si esaurisce alle visite programmate in ospedale?

In realtà abbiamo iniziato a raccogliere fondi organizzando partite di calcio, per donare a chi ne aveva bisogno, senza intermediari. Siamo stati trasparenti fin dall’inizio e questo ci ha fatto conoscere e apprezzare prima in Piemonte e poi su tutto il territorio nazionale. Nel corso degli anni abbiamo continuato ad organizzare eventi e l’idea di travestirci è stata successiva alla fondazione dell’associazione.

Quando avete debuttato nei panni di “Supereroi & Principesse”?

Nel 2013 la Disney ci donò dei  giochi da distribuire negli ospedali pediatrici di tutto il paese. In quell’occasione sono nati i nostri supereroi: siamo stati i primi e ancora oggi, a più di dieci anni di distanza, la nostra presenza nelle corsie è sempre  attesa e apprezzata. Oltre che dai piccoli, anche dai loro familiari e soprattutto dal personale ospedaliero. I medici sottolineano ogni volta che  il nostro contributo è  prezioso. Qualcuno ha iniziato ad imitarci, ma le raccolte fondi sono la nostra missione: va bene farsi fotografare e regalare sorrisi, ma non basta. Noi abbiamo un progetto più importante da realizzare. 

Che sarebbe?

Vogliamo realizzare la “Cittadella dello Sport” intitolata a Bea e sua mamma Stefania. Nel 2012, infatti, abbiamo tenuto a battesimo l’associazione Il mondo di Bea Onlus, che aveva fondato sua mamma, purtroppo venuta a mancare prima di lei. Nel corso degli anni, per loro la NIDA è diventata presto un punto di riferimento: Stefania ha visto da subito il nostro impegno nella raccolta fondi al punto che ha lasciato la sua associazione per entrare nel direttivo della NIDA. Ogni volta che Bea è stata ricoverata siamo andati in ospedale con il format “Supereroi & Principesse” e l’abbiamo aiutata materialmente, acquistando per lei i beni di prima necessità, e moralmente. Un aiuto non meno fondamentale date le sue condizioni.

In cosa consiste la Cittadella dello Sport?

Stiamo lavorando da anni, non senza fatica né sacrifici, al  recupero e alla riqualificazione  dell’impianto sportivo esistente nel quartiere Falchera di Torino. Si tratta di  un centro sportivo di 40.000 metri quadrati, abbandonato da oltre quindici anni, che centro sportivo polifunzionale senza barriere architettoniche per far fare sport a bimbi e ragazzi disabili durante il giorno, in modo del tutto  gratuito.Con l’affitto pagato da tutti gli sportivi che ne usufruiranno, al netto delle spese, verranno  progetti di fisioterapia gratuita per bimbi con malattie rare. Sono quelle che ci stanno maggiormente a cuore.

Perché?

Chi non conosce il mondo della solidarietà non sa quanti siano i bimbi che lottano contro la malattia insieme ai loro genitori, spesso costretti a lasciare il lavoro per essere presenti e operativi. In caso di malattie rare, è tutto ancora più difficile. Quando una patologia non viene identificata da un codice sanitario, chi ne soffre e soprattutto i familiari devono combattere anche contro la burocrazia perché non si trovano gli aiuti necessari. Nel corso degli anni abbiamo ideato numerose iniziative per raccogliere fondi da destinare direttamente a chi ne ha bisogno. E non abbiamo smesso di giocare a calcio: in 11 anni abbiamo disputato 235 partite. E continueremo a scendere in campo, oltre che ad affolare gli ospedali, per dare una mano a chi non ha avuto la nostra fortuna.