D’Annunzio nella Recherche proustiana. Intervista ai fratelli Balducci

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Delicati, decadenti, raffinati. Sono Gabriele D’Annunzio e Marcel Proust, protagonisti della letteratura europea durante la Belle époque che con i loro capolavori hanno segnato per sempre l’immaginario occidentale. Autori capitali che si sono incontrati in una Venezia metafisica e dannunziana tra le pagine inedite del “Soggiorno a Venezia”(Luni editrice) di Marcel Proust, in cui gli echi della rivoluzione del Vate raggiungono le vicende dei personaggi della Recherche, regalando un ritratto mitico e virgiliano di un D’Annunzio eroico e guerriero, reso immortale negli inediti proustiani. Per parlare del loro rapporto abbiamo intervistato i fratelli Giovanni e Giuseppe Balducci, che hanno da poco rieditato la traduzione del Soggiorno a Venezia.

Che ruolo assume la figura di D’Annunzio nell’opera proustiana? 

“Soggiorno a Venezia” è il titolo di un episodio della Recherche di Proust, che vede una discussione mondana tra due attempati amanti, in un noto hotel veneziano, in cui si parla di Gabriele D’Annunzio e dell’impresa di Fiume. L’autore francese ne pubblica uno stralcio nel 1919, sulla Nouvelle Revue Française, poco dopo l’entrata del Vate e dei suoi legionari nella città “irredenta”. In queste pagine, poi misteriosamente espunte dall’opera, D’Annunzio è oggetto di un elogio, direi alquanto altisonante – per definire le sue gesta si scomoda Virgilio! –, da parte di un misterioso Marcel. 

Che rapporto c’era tra il Vate e Marcel Proust? E quanto lo stile dell’uno ha influenzato l’opera dell’altro? 

Fra i due non è chiaro se ci sia stato un incontro vis-a-vis, se si eccettua forse il frangente della prima parigina del Martyre de Saint Sébastien: dietro le quinte del Théâtre du Châtelet, D’Annunzio e Proust potrebbero essersi conosciuti grazie all’amico in comune, il dandy parigino, Robert de Montesquiou. Da alcune lettere indirizzate a loro rispettivi corrispondenti si può evincere cosa pensassero l’uno dell’altro: i giudizi di entrambi sono “agrodolci”. L’influenza di D’Annunzio sulla propria epoca fu preponderante. Siamo convinti che anche il giovane Proust abbia subito il fascino del Vate. Mentre, l’intimismo dell’ultima parte della produzione dannunziana ricorda alcune atmosfere proustiane. 

Chi è il Marcel del Soggiorno e che immagine dà questa maschera dell’autore del Piacere? 

Chi può dirlo? Si tratta di un vero e proprio “avatar letterario” dello scrittore francese o di un altro personaggio dei salotti della Parigi Belle Époque? È proprio uno degli enigmi cui tenteremo rispondere nel corso del nostro saggio introduttivo… 

Esteti, dandy e controcorrente. Cosa rende questi due autori, oggi, nell’era della cancel culture, due imperdonabili? 

Da giovani, esteti e mondani, tentano la scalata al “gran mondo”. Dedicano le loro opere giovanili di successo al piacere (Il piacere, D’Annunzio e Les plaisir et les jours, Proust). D’Annunzio riuscirà nel suo intento di “nobilitarsi” sposando la Marchesa di Gallese e ricevendo il titolo di Principe di Montenevoso. Proust sarà protagonista di una più sfortunata parabola concludendo prematuramente la sua vita mondana per un male nervoso, consacrandosi ad una sorta di santità laica sotto forma di scrittura. L’anelito alla nobiltà di entrambi, e la fine mistica del secondo ne fanno due “imperdonabili”, in questi nostri tempi così seriosamente e sciattamente profani.