È tra i più prolifici registi e sceneggiatori italiani. Il suo film Perfetti sconosciuti è diventato un remake all’estero. Paolo Genovese è senza dubbio un pilastro della cinematografia nazionale. L’abbiamo incontriamo a Cortina dove ha riproposto il suo ultimo lungometraggio tra gli eventi speciali del festival di corti più famoso delle Dolomiti.
Ancora una volta sei presente al CortinaMetraggio. Come mai torni sempre?
Sono qui perché i festival di cinema sono importanti non solo per i giovani ma soprattutto perché rappresentano l’unico modo per fare cultura nell’ambito cinematografico. Durante questi eventi il pubblico può incontrare registi, sceneggiatori e attori per dialogare con loro e comprendere quanta passione e quanto impegno c’è dietro la realizzazione di cortometraggi e lungometraggi. Ma non solo, attraverso il confronto si possono conoscere gli aneddoti che caratterizzano una pellicola e scoprire come nasce e come si crea. La cultura secondo me è l’unico modo per attirare persone al cinema.
Anche qui hai presentato il tuo ultimo film SuperEroi. Come nasce questo progetto?
Il bello di questo lavoro è proprio il fatto che non c’è distanza tra vita privata e vita professionale. Non è vero che quando scrivo e finisce quindi il mio lavoro inizia la mia vita e viceversa. Piuttosto direi che le due cose si sovrappongono. Un autore vive, osserva è curioso, incontra storie che spesso finiscono nei suoi lavori. Supereroi è un racconto di fantasia contaminato fortemente dalle mie mille esperienze personali. In ogni scena e in ogni frase del film sicuramente c’è qualcosa che ho vissuto, una persona che ho incontrato, qualche ricordo che mi è rimasto impresso. La struttura invece deve essere di fantasia anche perché io sono terrorizzato dalle storie biografiche. Temo infatti che le storie biografiche siano ad alto rischio di noia. Un po’ come quando un amico vuole farti vedere il filmino del suo matrimonio che per lui rappresenta sicuramente un emozione ma che agli estranei non fa quasi mai lo stesso effetto.
Quanto può pesare avere scritto e diretto una pietra miliare del cinema italiano come Perfetti Sconosciuti?
Se uno fa il bilancio dei pro e i contro sicuramente il piatto pende dalla parte dei “pro”. Tuttavia, una sorta di ansia da prestazione in seguito ad un grande successo è normale. Direi piuttosto che il successo di Perfetti Sconosciuti mi ha dato la libertà, da quel momento in poi, di fare ciò che voglio artisticamente. Gli anni successivi all’uscita di questo film hanno rappresentato la possibilità di scegliere le storie che io volevo raccontare. Certo un po’ di responsabilità la senti perché accade che dopo un grande successo il pubblico ti viene a vedere a scatola chiusa. Il film successivo per esempio, è stato The Place. Un film molto particolare che usciva dagli schemi tradizionali. Per me però indagare altre strade è necessario perché non ho mai ceduto ai sequel 2 e 3 oppure ad una serie sull’onda del gradimento di Perfetti Sconosciuti. Addirittura mi sono stati chiesti i diritti per realizzare il gioco da tavolo del film. Io invece ho sentito fortemente la necessità di andare avanti senza voltarmi indietro per dare al pubblico sempre qualcosa di nuovo.
Cosa bolle in pentola ora?
Dei progetti in corsa non parlo. Posso dire che ho appena finito di girare un film dal titolo Il primo giorno della mia vita con Margherita Buy, Toni Servillo, Valerio Mastrandrea e Sara Serraiocco.