Le Leggi della Gravità. Federica Di Martino:”Con Lavia raccontiamo l’inevitabile caducità della vita”

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Al Teatro Carignano di Torino è andato in scena fino al 27 Giugno lo spettacolo teatrale diretto da Gabriele Lavia Le leggi della gravità, tratto dal romanzo di Jean Teulè. Successo di pubblico per la pièce ispirata al romanzo di Jean Teulè. L’opera racconta la misteriosa morte di un uomo e la caducità delle certezze dell’essere umano. Archiviato dieci anni prima come un suicidio, improvvisamente il caso di un uomo morto in misteriose circostanze deve essere riaperto quando la moglie arriva una notte in Commissariato per raccontare finalmente la verità…

In scena, con Gabriele Lavia l’intensa Federica Di Martino. Le leggi della gravità precede diversi progetti teatrali in cui la brava interprete sarà impegnata nella prossima stagione. Amore incondizionato per il teatro, dedizione e dura disciplina. Di Martino è una delle più interessanti attrici della scena italiana contemporanea.

Come nasce la sua passione per il teatro?

Ho iniziato ad Ortona, il mio paese, con un grippo di amici che facevano teatro amatoriale. All’epoca studiavo danza classica così ,mi chiesero di partecipare allo spettacolo che stavano preparando “La palla al piede” di Georges Feydeau. Tutto è iniziato così…

Dunque pura casualità?

Il mondo del teatro, dello spettacolo, erano lontani anni luce da me dalla mia realtà. Però, un giorno vidi un servizio in TV sull’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D’amico e decisi di partecipare alle selezioni, non immaginavo lontanamente che sarei stata ammessa. Per me fu la realizzazione di un sogno

Cosa rappresenta per lei il teatro?

La vita! Il cinema, la televisione vanno bene, mi piacciono ma il teatro resta il mio mezzo prediletto, senza il quale non potrei esercitare la mia passione. Mi dà energia non potrei vivere senza teatro.

Nel suo percorso artistico ci sono collaborazioni importanti con nomi illustri della scena italiana

L’incontro con maestri come Luca Ronconi e Patroni Griffi sono stati determinanti. Con Marco Sciaccaluga (recentemente scomparso n.d.r.) che voglio qui ricordare è stato un incontro meraviglioso, nonostante abbiamo fatto un solo spettacolo insieme. Poi, Gabriele Lavia che mi ha insegnato tantissimo.

Ha interpretato commedie goldoniane, la tragedia greca, il grande teatro del ‘900, Shakespeare…in cosa si sente più a suo agio?

La tragedia greca rappresenta l’inizio di tutto. Quando interpreti Euripide o Sofocle è qualcosa di travolgente. Ma amo molto anche Ibsen, Strindberg, al momento le confesso che mi piacerebbe tanto fare Cechov.

Nella sua carriera figurano numerosi premi e riconoscimenti professionali

Sicuramente la grande soddisfazione per me è arrivata con I giganti della montagna un testo attualissimo, al di là del premio Franco Enriquez che certo mi ha fatto piacere ricevere. Nella messa in scena di Lavia siamo partiti da un quesito: “Può morire la poesia?” e nell’ultimo atto, che è stato cambiato radicalmente abbiamo lanciato un messaggio di speranza. Nonostante l’arrivo dei giganti, gli attori restano dove sono. Credo sia questa la grande soddisfazione, almeno per me: quando un testo riesce a comunicare qualcosa di forte. Poi, ci sono i riconoscimenti che fanno sempre piacere: il premio E.T.I. gli Olimpici del Teatro come miglior attrice emergente per “La forma delle cose” di Neil Labute nel 2006; nel 2019 il premio Franco Enriquez per “I giganti della montagna” di Pirandello, tre anni fa il premio Mariangela Melato con lo spettacolo “Divine parole” di Ramon Del Valle- Inclan al Piccolo di Milano, insieme a Marco Foschi e Fausto Russoalesi.

Attualmente è in scena con “Le leggi della gravità” dal romanzo di Jean Teulè

E’ uno spettacolo a cui tengo molto. Tutto si svolge praticamente “in un tempo reale”. In scena c’è un elemento molto importante ai fini narrativi: un orologio che batte il tempo in corrispondenza con la realtà. E’ la storia di una donna che confessa ad un commissario di polizia quanto è accaduto realmente a suo marito dieci anni prima. Affrontiamo l’inevitabile caducità della vita, in senso fisico e metafisico.

Cosa significa condividere il palco e la vita con Gabriele Lavia?

Lavorare con Gabriele è bellissimo. Lo stimo enormemente, allo stesso tempo però è molto impegnativo, essendo anche sua compagna nella vita devo dare di più, da me pretende di più artisticamente ed emotivamente mentre, quando lavoro con altri registi sono più rilassata.

Tra i tanti ruoli affrontati nella sua carriera ce n’è uno a cui è rimasta particolarmente legata?

Il lavoro sul personaggio è un lavoro di pensiero, mentale. Quando concludo un’esperienza certo, mi spiace come nel caso de “I giganti della Montagna”. Poi, si ci sono personaggi come Medea o Elettra che invece ti porti nel cuore e lasciano una traccia dentro di te.