Sacro Moderno, il ritorno alle origini di Lorenzo Pallotta

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Qualche anno fa arrivava nelle librerie “Il cinema del no. Visioni anarchiche della vita e della società” scritto da un grande conoscitore del nostro cinema, Goffredo Fofi. Lorenzo Pallotta, è un giovane autore la cui visione filmica è perfettamente legata a quest’opera, ne è una sintesi perfetta. Il suo è un sguardo profondo che si fa strada tra i volti e gli alberi, mettendo lo spettatore a contatto con una realtà arcaica che fortunatamente resiste, un cinema figlio del neo-realismo più puro. Dopo aver vinto numerosi primi con i suoi cortometraggi, Lorenzo è finalmente alle prese con la sua opera prima, “Sacro Moderno”.

Sacro Moderno è un film che, attraverso lo sguardo di un adolescente, racconta la vita di montagna e le sue arcane tradizioni. Come nasce il progetto?

Tutto nasce dal mio distacco dai set altrui in cui lavoravo come assistente alla regia, l’idea era di incamminarmi in un percorso narrativo diverso, così ho cominciato a studiare da vicino queste comunità che vivono all’interno della mia regione (l’Abruzzo) e che sono rimaste tra le ultime a praticare per tradizione dei riti alla vecchia maniera come la processione di Cristo morto. Volevo fare un documentario di osservazione durante il venerdì santo attraverso lo sguardo di quattro ragazzini, mostrando due visioni a confronto avendo da un lato il mondo arcaico del vecchio secolo e il nuovo sguardo di questi ragazzi immersi già nella tecnologia. Così mi sono trasferito in montagna ed ho conosciuto una comunità diversa da come me l’aspettavo, molto più chiusa e più povera dal punto di vista numerico dato che gli abitanti sono una ventina al massimo. Un vero e proprio borgo fantasma che sta scomparendo, in cui di giovani ve ne sono soltanto due. Si crea così un contrasto perché i due ragazzini sono in una situazione anomala, da una parte vedono il mondo contemporaneo della città contaminata e il mondo dei riti della loro comunità. Il film nasce da questo incontro. Nella pellicola il nostro mondo, quello del caos, non si vede ma si sente a differenza della realtà in cui si animano maggiormente le vicende dei protagonisti dove vi è una natura incontaminata e in cui il tempo è dilatato. Il film sostanzialmente è una fiaba nera, un percorso legato alla tragedia umana.

Le riprese sono state interrotte a causa del covid-19. Adesso a che punto siete?

Siamo ancora in fase di riprese e ovviamente stiamo gestendo la parte economica, anche perché la pausa dovuta al covid ci ha travolti. IIo e il direttore della fotografia Andrea Manenti siamo andati a vivere lì per iniziare raccontare i ragazzi, cercando anche il giusto approccio visivo nei riguardi dell’opera. Durante il periodo di riprese abbiamo costruito un rapporto di fiducia con gli abitanti. Il lockdown ha distrutto questo legame che eravamo riusciti a creare e ci ha totalmente divisi e quello che adesso stiamo facendo è  rimettere insieme tutti i pezzi. Poi siamo felici dell’ingresso di Gianluca Arcopinto che sicuramente ci permetterà uno sguardo indipendente a livello produttivo e distributivo.

Nell’assurda modernità che copre le nostre vite, come si può ritrovare la fiamma del “sacro”?

Questo periodo forse una cosa ce l’ha insegnata, fermarsi e ragionare sul percorso non tanto personale, piuttosto su quello che ci circonda e quindi di come noi dobbiamo porci nei riguardi del mondo circostante. Questo ci dà la possibilità di comprendere chi siamo. Il sacro è un concetto molto complicato a livello etimologico, credo sia nella ricerca del proprio essere, del proprio habitat come mostriamo all’interno di Sacro Moderno. Ovviamente, quando parlo di habitat non intendo per forza precisare uno spazio ma anche una dimensione interiore, di pura intimità e quindi una visione filosofica della vita dove alla fine bisogna essere in pace con sé stessi per trovare la propria realtà, perché potrai anche cercarla ovunque e per tutta la vita ma se non la trovi in tè stesso non riuscirai mai ad essere libero e ad uscire da alcune regole che opprimono l’esistenza dell’uomo.