Festival di Sanremo, 6 marzo 2021. Achille Lauro arriva in scena e a fine esibizione si denuda il costato da cui fuoriescono rose, sangue e spine, in un susseguirsi di becera e blasfema dissacrazione, beffardamente ispirata alla Passione di Cristo. Se poi ripensiamo al totale e decontestualizzato no sense della corona di spine indossata da Fiorello che duetta con lo stesso Lauro nella sera precedente (guarda caso, proprio di Venerdì di Quaresima!), in una sorta di vessillo anti-cristico dell’esibizione stessa, ci rendiamo conto di quale sia l’unico e malefico scopo di tutto questo, un fine traboccante di lordura e infima turpitudine: quello di divinizzare le nefandezze umane e distruggere il divino sin dalle sue stesse fondamenta, gesto dopo gesto, anche nelle circostanze più apparentemente innocue come può esserlo un festival musicale. La volontà di eradicare Dio, o meglio, di ridicolizzarne l’immagine fino alla più grottesca caricatura (vedi, le pseudo femministe a Roma che portano in processione una Madonna a forma di vagina fucsia, fermandosi davanti a una parrocchia) sembra quasi essersi impossessata dell’intera società.
Non si parla più di Dio, o meglio, se ne parla, ma puntualmente in termini derisori e satirici. Lo stesso Lauro, infatti, già l’anno scorso si era travestito da San Francesco (il nostro amico dovrebbe certamente rivedere un bel po’ di agiografia, perché di certo a San Francesco verrebbe un infarto nel constatare la quantità di piume e lustrini che ormai il buon Lauro si porta dietro sul palco ogni qualvolta vi salga!).
Il suo non è assolutamente un caso isolato: sono molteplici le pop e rock star americane che per le loro hit ricorrono a videoclip musicali pieni zeppi di messaggi satanici e filo demoniaci, spesso completamente estranei al significato del testo della canzone.
Il motivo di queste scelte così discutibili non è mai stato compreso, né reso noto dagli stessi artisti. Rispolverando qualche vecchio videoclip possiamo constatare alcune performance parecchio infelici di star del calibro di Rihanna, Lady Gaga, Katy Perry, che in alcuni video assumono le sembianze di vere e proprie madonne nere, accompagnate da personaggi spettrali, che incarnano angeli del male. Che il nostro Achille Lauro voglia emulare tutto ciò nella speranza di qualche visualizzazione in più su YouTube?
Gli eccessi premiano, ma non sempre, soprattutto giustificandoli come “rivoluzione della musica”.
Che il mondo (dello spettacolo e non solo!) sia oramai tristemente giunto all’apice della perversione non è certo un mistero, anzi, essa imperversa potente, ovunque e inarrestabile.
In questo nuovo e capovolto universo che confonde la blasfemia con la modernità, che scambia l’esagerazione inconcludente e fine a se stessa per spirito di ribellione, che eleva la dissacrazione a vessillo ispiratore, e che concepisce il sacrilegio come apertura mentale, forse impegnarsi a riscoprire il nostro passato risulta, al giorno d’oggi, il più alto gesto di anti conformismo.
In un mondo che cerca il superamento di ogni limite fino a inghiottire se stesso e autodistruggersi nel tripudio della sovversione, bisognerebbe rispondere con la riscoperta della tradizione.