Sindacalismo, rivoluzione, azione: pagine roventi di Alceste De Ambris

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«Con Alceste De Ambris l’utopia è davvero andata, sia pure brevemente, al potere». Giornalista dal cuore intrepido e sognatore, senza di lui l’impresa di Fiume sarebbe stata tutt’altra cosa. L’incontro con Gabriele d’Annunzio blinda un sodalizio che incide profondamente la vicenda nazionale disegnando di fatto l’impensabile: «la via italiana alla rivoluzione». La vicenda del capo di gabinetto del comando fiumano e primo estensore della Carta del Carnaro (una costituzione fin troppo avanti coi tempi!) è stata ricapitolata di recente da Gennaro Malgieri che ha curato La questione di Fiume. Le forze e le forme della Città di Vita (Idrovolante ed, pag. 140, € 12). Pagine roventi, parole che decidono l’ingresso dell’Italia non solo nel XX ma forse anche nel secolo successivo.     

Sindacalismo, rivoluzione, azione. «Lo schema costituzionale deambrisiano era una vera e propria Carta dello Stato nuovo – spiega Malgieri – un organismo fondato sul riconoscimento del valore sociale del lavoro e sulla piena autonomia delle comunità locali, oltre che sulla democrazia diretta. Elementi questi di derivazione mazziniana la cui influenza era esplicitamente sottolineata dallo stesso De Ambris nell’illustrazione della Carta del Carnaro». 

Alceste De Ambris, La questione di Fiume. Le forze e le forme della Città di Vita (Idrovolante ed, pag. 140, € 12)

Fiume, insomma, come il laboratorio di un’idea talmente nuova che una certa ermeneutica storica stenta ancora a decifrare perché troppo spesso ingabbiata nell’interpretazione unilaterale che vuole l’impresa fiumana quale incubatrice esclusiva del Ventennio fascista. Ma a Fiume fu modellato anche dell’altro: «La grande, geniale novità che De Ambris e d’Annunzio introdussero nella politica costituzionale – spiega ancora Gennaro Malgieri – fu innanzitutto il metodo; poi il contenuto. L’uno e l’altro portavano i segni della volontà popolare trasformata nelle mani di due costituenti in una sorta di etica delle responsabilità che non si sarebbe esaurita nel tragico epilogo del Natale di sangue. Avrebbe continuato ad influenzare le aspirazioni di quanti immaginavano una Costituzione all’altezza dei tempi che coniugasse antichi istituti con le esigenze della modernità: il comunalismo, il corporativismo, l’autonomismo ed il repubblicanesimo, la democrazia diretta, il libertarismo». 

Rileggere le pagine di De Ambris può servire a mettere a fuoco la tempra di una personalità che, prima vicino ai proclami mussoliniani, finita l’impresa di Fiume,  si schierò apertamente su posizioni antifasciste. Tant’è che dopo la Marcia su Roma fu costretto all’esilio in Francia dove fondò la casa editrice Exoria. Lì è stato addirittura tra i promotori della Concentrazione di azione antifascista. Negli ultimi tempi della sua vita scrisse Dopo un ventennio di rivoluzione. Il corporativismo (post., 1935) per difendere la propria concezione corporativa contro quella del fascismo.