Marco Olmo: “Quell’impresa sul Monte Bianco mi ha cambiato la vita…”

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Marco Olmo, 71 anni, podista, maratoneta, ultra maratoneta, nonché leggenda e orgoglio tricolore!. Ma anche filosofo e maestro di vita per chi ogni giorno esce di casa per fare una corsa più o meno lunga. Per passione, per hobby, per buttare giù qualche chilo, per cambiare stile di vita: la corsa per chi la scopre può diventare una vera passione e un modo di vivere in salute, sfidando se stessi, un passo dopo l’altro. Oggi Marco, ci racconta la sua carriera straordinaria e assolutamente OFF…

Ha una carriera da maratoneta di oltre trent’anni alle spalle, dopo i settanta si è fermato o continua a correre?

Corro sempre e comunque. Con qualche acciacco, non al cento per cento, ma corro ancora; diciamo che faccio qualche corsa meno impegnativa. Per esempio settimana scorsa ho fatto una mezza in pineta a Ravenna…

Ma come una mezza maratona! Sono 21 km e passa… non la considera una cosa impegnativa?

Rispetto alle gare che ho affrontato in carriera direi di no e, comunque, “vado pianino” ormai. Ho chiuso la mezza in 1 ora e 44 minuti quando qualche anno fa chiudevo anche in 1 ora e 20.

E’ chiaro che oggi per lei una mezza maratona è poco più di una passeggiata ma, quando hai iniziato a correre, anche lei come noi comuni mortali faceva fatica a farne 5 di km?

Ho iniziato a correre a 27 anni. Lavoraro nei boschi dalle 6 del mattino fino alle 14; dopodiché staccavo e ogni giorno – tempo permettendo – andavo a farmi una corsetta di una o due ore. All’inizio facevo le gare podistiche, piccoli eventi e manifestazioni. Ero una schiappa e avevo anche io il fiatone ma, piano piano con la passione e la costanza lo sport ha modellato al meglio il mio fisico. Dai 5-10 km che macinavo ho cominciato a farne una ventina, poi sono passato a preparare una maratona all’anno, finendo per gareggiare per il mondo negli ultra trail.

Lei che hai fatto praticamente 4 volte il giro del mondo a piedi, ci spiega come si combatte il dolore, la fatica, la solitudine e i demoni che posso emergere durante competizioni così lunghe e sforzi così prolungati?

Alla fatica ci si abitua, non c’è alternativa. Si stringono i denti e si procede, così come per il dolore. Per quando riguarda la gara: io penso che sia lo specchio esatto dell’allenamento. Se uno si è preparato adeguatamente non avrà problemi ad affrontare anche la più lunga delle distanze. Nel caso contrario, la vedo dura anche per una garetta di 10 km! Per quanto riguarda la solitudine invece, posso dire che è un aspetto che non mi ha mai toccato: io da solo sto bene e, del resto, in gara non c’è molto spazio per chiacchierare con qualcuno. Meglio che si “salvi il fiato”, come diceva un certo Clint Eastwood.

Lei una volta ha detto di correre per vendetta: cosa significa?

Sono nato povero, nel misero dopoguerra in una valle del cuneese. Ho fatto tanta fatica nella vita, ho sempre lavorato fin da piccolo, non c’era tempo per andare all’oratorio o svagarsi. E per lavorare intendo imbracciare un badile o guidare un escavatore, non stare 8 ore al pc seduto a una scrivania. Quando ho iniziato a correre ho sentito un senso di libertà che pervadeva il mio spirito, ho iniziato subito a competere anche dopo pochi allenamenti perché sentivo il bisogno di prendermi una qualche rivincita sulla vita e su me stesso. Di colpo mi sono ritrovato a fare quello che mi piaceva e questo è stato come un riscatto per me. Ho anche scoperto di essere predisposto alla fatica, perché chi lavora nei boschi e in montagna fa fatica senza l’aiuto di proteine, integratori o di un personal trainer.

Qual è stata la vittoria più importante?

La più importante è stata certamente la UTMB – Ultra Trail du Mont-Blanc, una gara da 150 km con 8000 metri di dislivello che ho vinto per due volte, a 58 e 59 anni, lasciandomi alle spalle atleti professionisti più giovani e freschi di me. Mi piace pensare che quella gara mi rappresenti e racconti cos’è per me la corsa. C’erano infatti atleti professionisti che al traguardo erano alle mie alle mie spalle. Non ho mai avuto un allenatore, grossi sponsor e non ho mai seguito particolati diete e allenamenti, ma semplicemente ho avuto volontà, costanza e tanta passione per quello che per me è sempre stato e sempre sarà un hobby e non un lavoro.

La gara più bella mai affrontata?

Impossibile dirlo, ce ne sono troppe: alcune per il percorso, altre per il paesaggio.

E quella più dura?

Nel 2007, una maratona a tappe di una settimana con tirate di 4-5 ore al giorno. A metà gara ho pensato di mollare ma alla fine ho continuato e sono arrivato quarto. Col senno di poi è stato un grande allenamento perché mi portò nello stesso anno e in quello successivo alla vittoria dell’UTMB.

Ha affrontato di tutto, dal grande vuoto del deserto del Sahara, alle temperature da fornace della Death Valley (CA), fino ai ghiacci del Monte Bianco. Ma alla fine, di cosa ha paura Marco Olmo?

Ho paura di tante cose, ma penso altresì che sia proprio la paura ciò che nella vita ci salva. Quella che non ho mai avuto però è la paura di non farcela: durante la corsa non esiste, si corre per passione e per se stessi, non per vincere. Poi se la vittoria arriva, come ricompensa per il sacrificio è un di più.

Che messaggio darebbe a chi si approccia alla corsa. Qual è il modo migliore per iniziare con questo sport?

Con calma, facendo 5 km o 10 km, andando piano. Poi se c’è la passione si va avanti; una maratona di 42 km è un gara per tutti se c’è la volontà di farla.

Ci racconta un episodio OFF della tua vita?

Certamente il diventare vegetariano ha cambiato la mia vita e il mio fisico. Ho sempre cercato di mangiare bene e al naturale ma, diventando vegetariano, ho iniziato a vedere il mondo con occhi diversi e gli animali come esseri viventi e non come un pasto. Poi anche nella corsa ho vissuto molti episodi OFF, per lo più errori che ho commesso, sbagli, dai quali ho cercato di apprendere per migliorarmi in gara, ma anche nella vita. La corsa insomma, per me, è stata una vera e propria scuola di vita.

Ha in mente di continuare a fare ultra trail?

Per adesso no. Mi accontento di aver avuto una lunga carriera e di poter correre ancora oggi per i fatti miei, con calma e con passione.

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