Due racconti figurativi complementari per la pittura in mostra dal 3 ottobre presso Villa Contemporanea. Adriano Annino e Fabio Angelo Bisceglie presentano le loro opere con stili differenti ma accomunati dalla tensione verso la narrazione che si apre dall’inconscio, sensibilizzata dal colore.
Esso si insinua e si dilata nella loro produzione per esplodere portando alla luce un bagaglio di segni e immagini, riflesse integrando la pittura quale esasperazione di riflessioni nate attraverso l’indagine di altri ambiti disciplinari. Il bagaglio culturale composito, foriero dell’ esito squisitamente artistico e figurale, proviene dallo studio in psicologia, filosofia e teatro per Bisceglie, dalla musica per Annino.
Quell’analisi non si ferma ma continua una ricerca che si traduce in pittura. Si travalica un linguaggio per approdare ad uno nuovo e farsi metalinguaggio in visioni temporali e spaziali spiazzanti, moltiplicando il soggetto come un coro di voci interiori. I personaggi viventi nei loro dipinti, nella ricerca personale, si manifestano come impulsi vitali e possibilità di rappresentazione della psiche umana, attraverso le disseminate allusioni a topoi reconditi e universali.
A proposito di visioni spiazzanti il Cenacolo Mortale di Fabio Angelo Bisceglie gioca con lo spazio storicamente noto di iconografie celebri, collocandole in una sequenza di piani separati che vengono fruiti in modo simultaneo dall’osservatore. Se negli altri dipinti i volti risentono dell’osservazione di un maestro della deformazione quale James Ensor, qui riconosciamo l’Ultima cena, Il Cristo morto ed Il Giudizio Universale, che nell’insieme della rappresentazione risultano tracce archetipiche di un’apparizione interiore. Come ad emergere dall’inconscio le figure sono composte da figure, incastonate nella memoria fatta di relazioni formali, che costruiscono un universo nel fagocitarsi le une alle altre. E’ un flusso di coscienza contraddittorio e misterioso, che mescola presente e passato, ricordo chimerico e concretezza carnale, costruzione architettonica e caos primordiale, violento.
Ci troviamo in un non-luogo dove tutto è possibile, ma nulla è attuabile se non nel concatenamento di azione scenica ed esplicitazione emotiva. Le figure potrebbero generarsi all’infinito per gemmazione continua se la superficie del dipinto si allargasse. Lo smarrimento che ne deriva è causato dalla liberazione da una logica razionale, dalla deformazione dinamica e temporale di uno spazio univoco e concreto, suggerito dalla prospettiva centrale e dal riconoscimento iconografico. Per un artista che ha assimilato il procedimento psicoanalitico, la pittura può essere l’esito espressivo di un viaggio nel profondo il cui varco d’entrata necessita per l’osservatore di “abbandonarsi al senza senso con fiducia, per poi trovarsi vivendo lo smarrimento con ciò che vi trova”.
Sempre l’integrazione tra contesti non conciliabili nell’esperienza lucida ci propone il dipinto The Bush di Adriano Annino. Nella disseminazione di indizi che fanno riconoscere verosimilmente uno spazio commerciale, anche qui coesistono diversi piani spazio-temporali, disgiunti e concomitanti. Il motore dell’azione nell’incubo, nel senso etimologico antico che riconduce a creature malefiche appoggiate al petto del dormiente, pare essere l’animazione pittorica di una finestra rivolta verso l’esterno di questo luogo di oggetti e vita pulsante. La delimitazione formale e cromatica di questo riquadro lo decodifica immediatamente come opera d’arte bidimensionale. Quadro nel quadro, ed è subito metalinguaggio.
A questo punto un elemento figurativo, la mano che avidamente si immerge nel mondo fisico fuori dal quadro, rompe la convinzione spaziale di una separazione dall’arte dalla vita. Nella sua dichiarazione volumetrica la mano si ricongiunge all’universo fatto di altre mani mostruose, insinuanti, che indicano punti nevralgici d’attenzione. Come nella tradizione rinascimentale un personaggio rivolge l’indice in alto per richiamare il bene supremo del Divino, qui nel contemporaneo le dita ghermiscono, afferrano corpi per restare nella dimensione materiale. I riferimenti colti si confondono in un magma di presente corrotto, ancora di memoria ensoriana. Qui tutto è merce, in un mercato dove sono a scaffale pure i bisogni e i desideri reconditi, dove il fondoschiena femminile è il baricentro compositivo, come nella Vucciria di Guttuso. Eppure nella società consumistica emerge ancora l’urgenza all’assoluto: la religione appare nell’iconografia del crocifisso fissata al centro del dipinto nel dipinto, ma la mano che la promuove è rossa d’inquetante ricordo.
Il Cenacolo Mortale e The Bush sono due dipinti emblematici della ricerca di due artisti. La mostra è un intenso walk on the wild side nella selezione di dieci pezzi.