L’inizio vi potrà sembrare un po’ strano eppure io me la ricordo in quel film di Dario Argento del 1971, era il gatto a nove code e lei sembrava una bond girl mentre guidava la sua auto sportiva, una Porche 356. Era solo un ruolo “minore”, non era certo la protagonista in assoluto del giallo argentiano, eppure fin da quella giovane età “bucò lo schermo”. Naturalmente avrebbe legato il suo nome anche ad altre pellicole di registri celebri diventando una presenza ricorrente nella commedia all’italiana (L’armata Brancaleone, Adulterio all’italiana, La matriarca, Certo, certissimo, anzi… probabile) e da ultimo l’avviamo vista sbarcare all’Isola Dei Famosi nell’edizione del 2015. Oggi è il suo 74esimo compleanno e a noi piace festeggiarla con l’intervista che il nostro Bruno Giurato le fece qualche anno fa. (Emanuele Beluffi).
Catherine Spaak, un’icona del cinema italiano e internazionale. L’attrice francese (italiana di adozione) nata il 3 aprile 1945, ha attraversato gli schermi, le copertine, l’immaginario, imponendo un nuovo modello di sex symbol “introversa” (non certo la pin up curvosa). Attrice, cantante, conduttrice televisiva, scrittrice. A suo agio nella commedia, come nelle parti più “serie”. Capace di far parlare di sé anche in assenza, vedi la sua partecipazione saltata all’Isola dei famosi, di esprimersi in modo “scomodo” e di rivendicare se stessa senza false timidezze, né birignao. Ecco l’intervista OFF alla Spaak, realizzata qualche mese fa.
Ci racconta un episodio OFF dell’inizio della sua carriera, un aneddoto particolare degli anni della gavetta?
Ricordo il primo giorno della lavorazione de “L’uomo dei cinque palloni” di Marco Ferreri, all’ultimo piano di un grattacielo altissimo in centro a Milano: sono arrivata lì con il mio copione e il regista l’ha buttato fuori dalla finestra. Poi ha radunato tutta la troupe, con Marcello Mastroianni che mi faceva dei cenni per rassicurarmi, e abbiamo dovuto dire tutti in coro: “Angelo, bell’angelo, vieni qui da me”, e la risposta di Marco Ferreri è stata: “Non posso, perché il diavolo mi tenta”. Poi abbiamo cominciato a girare. È stato molto strano, soprattutto perché avevo diciassette anni e su un set con Ferreri e Mastroianni non sapevo come comportarsi.
Lei è diventata famosa anche grazie all’incontro con Sophia Loren. Com’è avvenuto?
Mio padre aveva scritto una sceneggiatura per un film di Alberto Lattuada. Fu lui, dopo avermi vista la prima volta da bambina, a capire che sarei stata un’attrice: diceva sempre che avrebbe aspettato che crescessi. E una volta, per caso, all’uscita della scuola andai con mio padre sul set de “Il buco”, di Jacques Becker, e girai una scena per sostituire una ragazzina, in cui dovevo parlare con un detenuto in una prigione. Dopo di che mandarono una troupe televisiva a scuola per intervistarmi, la signora Loren mi vide e mi fece fare un provino con Lattuada, che cercava la protagonista femminile per “Dolci inganni”. Andai a Roma, feci il provino, e poi il film.
E poi ci furono altri film, come “Il sorpasso” e “Voglia matta”, e lei è diventata il simbolo di una nuova donna, emancipata e autonoma…
Corrispondevo a una nuova tipologia femminile: non più la maggiorata, la donna abbondante, la mamma mediterranea, ma una donna più inquietante, con meno femminilità ma con una testa pensante, possibilmente colta e capace di prendere in mano la sua vita.
… Una figura senz’altro affascinante, ma anche spaesante per la platea maschile dell’epoca…
Sicuramente anticipava l’emancipazione femminile, che era già avvenuta in Francia.
Com’era, invece, l’universo maschile italiano di quei tempi?
Pensavo erroneamente che il mondo del cinema e dell’arte fosse al di fuori di pregiudizi e luoghi comuni, invece era ancora fortemente maschilista.
Per esempio, come fu il rapporto con Vittorio Gassman e Mario Monicelli durante la lavorazione de “L’armata Brancaleone”?
Monicelli, come Gassman e altri componenti della troupe, era un grande misogino. Vittorio era molto aggressivo e cercava continuamente di mettermi in imbarazzo, il che era facilissimo, e faceva ridere tutti quanti. È stata un’esperienza tremenda.
Invece chi è il regista che ha apprezzato di più?
Non saprei, ho girato più di centoventi film, tutti con registi importanti che mi hanno dato tantissimo, nonostante i loro caratteri magari discutibili. Mi ritengo molto fortunata ad aver fatto parte di un periodo storico tanto importante del cinema italiano.
Crede che la commedia all’italiana sia morta con quel periodo storico?
Il film comico è basato sul costume, e il costume con il passare degli anni cambia. Quindi anche il cinema cambia, ed è difficile che qualcosa che faceva ridere negli anni ’60 faccia ancora ridere. Esistono i film cult, ovviamente, per esempio “Amici miei” e “Febbre da cavallo”: non posso prendere un taxi a Roma senza che il conducente sappia a memoria tutte le battute di quel film. Mentre giravamo, con Steno e Gigi Proietti, non potevamo immaginare che “Febbre da cavallo” sarebbe diventato quello che è diventato per il pubblico italiano.
Lei è una donna piuttosto riservata, secondo alcuni un po’ altera…
Quello è il classico malinteso per cui se non si danno pacche sulle spalle e non cosi dicono parolacce si è alteri, freddi o snob…
Ma come ci si sente a essere una delle donne più desiderate del cinema italiano?
Mi fa sorridere, perché la vita è fatta di cose più concrete.
Ha sempre amato scrivere, come mai?
Ho scritto per tredici anni sul Corriere della Sera e su praticamente tutte le riviste femminili. Come mai? A lei perché piace fare il giornalista? La trovo una cosa abbastanza normale, non siamo più nel seicento, quando le pittrici venivano considerate pazze e possibilmente rinchiuse.
La donna di oggi ha ancora bisogno di liberarsi dal punto di vista sociale e culturale?
Ci sono ancora dei pregiudizi e dei tabù. Penso che siano gli uomini a dover lavorare su loro stessi.
Ha sempre tenuto molto alla crescita personale attraverso la meditazione. Com’è stato il suo percorso in questo senso?
La mia è stata un’avventura spirituale soprattutto di consapevolezza, che ho cercato di raggiungere con ogni mezzo possibile: letture, concorsi, meditazione, introspezione…
È stato un tipo di percorso religioso o laico?
La meditazione è una pratica orientale, ma il mio è stato soprattutto un percorso laico.
Ha lavorato in televisione per anni e con un grandissimo successo, prima a Forum e poi ad Harem. Tornerebbe a lavorare in TV?
Mi piacerebbe, vorrei riprendere Harem facendo dei cambiamenti adeguati alla situazione attuale. Ma non penso che i dirigenti RAI sarebbero interessati.
Si è sposata con un uomo più giovane. Gli uomini da sempre hanno compagne più giovani, quando la situazione è invertita invece si parla subito di toy boy… Come si giudica dal punto di vista sentimentale?
Penso che ognuno dovrebbe essere se stesso senza dare troppo ascolto a ciò che dice la gente. Io l’ho fatto, e penso di aver fatto bene.
un’altra vecchia in cerca di pubblicità
ma quale rivoluzionaria sexi , la signora è una borghese ed è sempre stata tale non è mai andata oltre e non ne ha sbagliata nessuna
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