Fernando Capecchi, classe 1944, è il patron della Vegastar, una delle agenzie di management per artisti più importanti d’Italia; molti dei manager di oggi hanno appreso da lui questo lavoro, essendo indiscutibilmente un pioniere del settore.
Insieme a Enrico Salvadori, giornalista de La Nazione, ha scritto Saluta Tutti, edito da RaiEri e disponibile in tutte le librerie dal 16 ottobre; qui Fernando, detto “Nando”, racconta i suoi inizi da studente, per poi buttarsi a capofitto in quello che sarebbe diventato il mestiere della sua vita.
In un susseguirsi di eventi, Fernando Capecchi c’incuriosisce con il dietro le quinte dei grandi eventi in piazza e degli show televisivi, con la complicata gestione dei big della musica e del palcoscenico, con il rapporto con la televisione e il cinema, e infine ci stupisce sulle sue scoperte di conduttori e comici in giro per la “sua” Toscana.
Non poche volte hanno chiesto a Fernando Capecchi come si scopre un artista e lui risponde sempre con molta semplicità: «Non mi siedo mai tra il pubblico, ma dietro il palco, perché voglio guardare gli spettatori in faccia. Osservo le loro reazioni ed è lì che si capisce se un personaggio potrà avere successo».
Impresario di successo, talent scout tra i più acuti e ora anche scrittore. Perché questa esigenza?
Ho sempre pensato ai tanti anni che ho passato in questo mondo, da dove ho iniziato fino ad ora. Siccome con l’andare degli anni si possono dimenticare molto cose, volevo mantenere tutta la mia storia, me la volevo rileggere e ricordare.
Nel libro racconta la sua esperienza, dagli inizi ai giorni nostri. Quali sono i momenti professionali e personali che hanno segnato la sua vita?
Sotto il profilo professionale sono tre: il momento in cui ho scoperto il trio Conti-Panariello-Pieraccioni, quando ho trovato Zucchero e quando ho iniziato a collaborare con Gianni Ravera. Con lui, ho iniziato a fare Castrocaro, Sanremo e cose importantissime. Sul lato personale, mi sono fidanzato con mia moglie quando andavamo alle superiori; gli incontri in autobus e la conoscenza dei nostri rispettivi padri hanno fatto il resto. Suo padre aveva un grosso vivaio di piante, mio padre invece le coltivava; questo ha facilitato la nostra unione, che dura tuttora. A mio suocero devo molto, come l’aver imparato a fare le pubbliche relazioni; io riuscii a vendere delle piante di mandarlo ai cinesi, e loro mi ricambiarono con capelli neri di donna, perché al tempo non esistevano scambi commerciali tra Italia e Cina. Vendetti questi capelli neri in Germania, per far parrucche, e mi feci pagare in dollari.
Saluta tutti è un po’ romanzo e un po’ biografia, sicuramente un racconto di vita che può insegnare a molti. Ci sono più possibilità per un giovane di oggi rispetto ad uno di ieri?
Ai miei tempi si lavorava molto con i live, che servivano a farsi conoscere, i dischi si vendevano e l’organizzazione era meno macchinosa. Ravera mi face fare le selezioni di Castrocaro per il centro e il nord e da lì iniziai il mio percorso professionale e a conoscere persone importanti in Rai e non solo. Un tempo non era più semplice, ma c’erano sicuramente più possibilità.
Si definisce un impresario e non un manager. Qual è la differenza?
Il manager rappresenta, l’impresario costruisce.
Qual è stato il personaggio che Le ha fatto capire che il suo mestiere avrebbe preso una svolta decisamente positiva?
Colui che mi fatto capire che potevo far bene questo lavoro è una persona che non è mai stato al 100% in questo settore. Quando presi in mano Miss Italia in Toscana, avevo un presentatore fisso molto bravo; alla prima serata dell’evento, in autostrada, si fermò per aiutare delle persone incidentate, e lui stesso rimase coinvolto. Non avendo più su chi contare, guardai l’agenda, vidi scritto “presentatore”, chiamai il numero e questa persona accettò; nonostante nella vista studiasse medicina, faceva radio, tv e il dj in piccole realtà. Iniziò un percorso di miglioramenti costanti, serata dopo serata. Ad un certo punto, lo proposi a Ravera per fare le presentazioni delle semifinali di Castrocaro e glielo portai; gli piacque talmente tanto, che decise di fargli condurre anche la finale. Dopo ciò, riuscì a strappare alla Rai dieci puntate di un programma in cui il ragazzo avrebbe dovuto fare il presentatore. Ci mandarono la bozza del contratto e dopo qualche giorno lo chiamai per smuoverlo a decidersi; passati pochi giorni, si presentò da me con nelle mani da una parte la laurea in medicina, dall’altra la bozza del contratto. Si scusò profondamente e mi annunciò che avrebbe proseguito con la medicina; mi cascò il mondo addosso, perché era di una bravura pazzesca. Sono legato a lui in maniera fortissima, come un fratello minore, ci sentiamo spessissimo. Oggi è uno dei primi cinque ginecologi del mondo. Il suo nome è Alberto Mattei, che è anche colui che mi ha scritto la prefazione di Saluta tutti.
Ha lasciato la Vegastar in mano a suo figlio Silvio, molto apprezzato nell’ambiente televisivo e non solo, per la sua preparazione e dedizione. Quanto ha preso da Lei e quanto ha cambiato l’azienda?
Silvio è uno che conosce questo lavoro nei minimi particolari; già a tre anni lo portavo a Sanremo, a Castrocaro, in Val d’Oasta per Un disco per l’estate. É anche laureato in legge, nel nostro settore è utile conoscere certi cavilli. Silvio ha la pratica, la teoria, lo studio, è una persona fine e molto preparata. Sono orgoglioso di lui!.
Tra i vari Conti, Lanfranchi, Ossini, Panariello e Timperi, c’è un giovane su cui vorresti scommettere, in cui ha visto del mordente ma che non ha avuto ancora la grande chance della sua vita?
Ci sono giovani veramente bravi e intraprendenti. Noi giochiamo affinchè possano emergere. Questo è un momento molto ingarbugliato, dove bisogna capire molte cose prima di muoversi. Speriamo bene!