In questa intervista Cult di qualche anno fa l’attrice e sex symbol italiana Eleonora Giorgi si racconta a OFF e parla di tutto: carriera, amori, vita privata. Ex lolita d’Italia ed ora anche ex concorrente della terza edizione del Grande Fratello Vip, Eleonora è una delle donne più belle e più desiderate che il nostro Paese abbia visto sfilare e le critiche di certi salotti radical chic non mancano mai, oggi come allora… (Redazione)
Se non avesse fatto l’attrice, cosa avrebbe voluto fare?
Stavo accingendomi a sostenere l’esame di ammissione all’Istituto Centrale del Restauro pittorico, ancora oggi selettiva scuola di eccellenza italiana nel mondo: prendevano infatti solo undici ragazzi l’anno. Un lavoro di grande responsabilità individuale, anche se alle volte si svolge in gruppo: ricordo che durante il tirocinio lavoravo con altre studentesse alla ripulitura delle porte affrescate della Villa della Farnesina. Avevo l’intento di percorrere quella strada tanto silenziosa e rivolta al passato… pensi che distanza da quello che è successo poi!
Ha iniziato la sua carriera con dei ruoli in film di genere erotico. Durante le prime esperienze sul set le è mai capitato un episodio OFF?
Ho esordito per caso da protagonista in un film di genere conventuale prodotto da Tonino Cervi, con una troupe che arrivava tutta dal set di Ludwig di Luchino Visconti, con i costumi di Tirelli, alla Safa Palatino, e nel teatro accanto al mio giravano un film con Elizabeth Taylor: mi sembrava un sogno. Ero giovanissima e ogni mattina, alle cinque, veniva a prendermi un segretario di produzione, giovanissimo anche lui, con la sua 500 Fiat giallo uovo, che a me non piaceva. In più questo ragazzo, che sarebbe poi diventato un produttore, qualche volta dimenticava di riportarmi a casa. Così mi ritrovavo da sola, in quell’area archeologica della città allora scarsamente frequentata, e mi avviavo a piedi, sotto il sole di luglio, fra le rovine e le vestigia del passato, domandandomi cosa mai avrebbero fatto l’indomani se io fossi per caso scomparsa
Tra i tanti registi con cui ha lavorato, chi ricorda in maniera particolare?
Più d’uno. Carlo Verdone perché nella sua espressione autoriale confluiva così tanto dell’attore da essere un regista prezioso per qualsiasi interprete; Liliana Cavani, allora fra le pochissime donne regista al mondo, che mi aveva voluta in un progetto prestigioso e internazionale, regalandomi anche l’occasione di lavorare in Marocco e con Marcello Mastroianni; Franco Rossi, il regista della mitica Odissea televisiva in bianco e nero, straordinario prodotto della Rai degli anni ’60, col quale avevo girato Lo Scialo di Pratolini, con Massimo Ranieri, una miniserie televisiva tratta da un importante romanzo della narrativa italiana. Oltre che a Verdone, però, devo moltissimo anche a Castellano e Pipolo, sceneggiatori e registi di tre mie commedie di grande successo
Lei ha iniziato giovanissima girando un film dietro l’altro, il successo però spesso stravolge la vita delle persone, positivamente e negativamente. Qual è secondo lei la più brutta conseguenza del successo?
C’è qualcosa sulla quale rifletto spesso, ora che ho sessant’anni, mi chiedo infatti se le persone, me compresa, che in ogni ambito raggiungono il successo, non siano forse dotate di una caratteristica umana negativa in più, mi chiedo se sia un istinto del tutto positivo quella grinta necessaria ad affermarsi sugli altri… il successo è il risultato di tale caratteristica. A me il successo è arrivato inaspettato, perché prescelta fra tante come simbolo erotico: è quello il prezzo negativo pagato all’inizio. Il successo non arriva mai gratuitamente, credo, e ti allontana dagli altri, dalla vita degli altri. Ti allontana dal quotidiano
Riguardo l’interpretazione di Mia moglie è una strega un giornale militante della sinistra parlò di lei, accanendosi. Per quale motivo la criticò?
Il pregiudizio della società, della classe dirigente orientata politicamente un po’ in alto, a sinistra, prese a irridermi. Per Mia moglie è una Strega, che fu uno straordinario successo per la casa distributrice del film, che era di mio marito, un giornale di sinistra scrisse di me: “Eleonora Giorgi lucida i dobloni dei forzieri Rizzoli”. Era l’Unità, e voleva essere dispregiativa. In realtà sottolineava i grandi guadagni che avevo portato nelle casse dell’Azienda, ma a me non ne venne niente: infatti venni epurata col David di Donatello ancora in mano
E’ stata mai penalizzata nel lavoro a causa della sua vita privata?
Il mio matrimonio con Angelo Rizzoli fece calare su me pregiudizi, invidie e giudizi malevoli. Il mondo, in realtà, ignorava molti aspetti della nostra relazione e proprio per questo, nel tentativo di riequilibrare la condanna che venne espressa e che ha continuato a gravare su me in modo ancor più evidente dopo la nostra separazione, ho sentito oggi il bisogno di raccontare la mia verità in questo libro. L’ho fatto evitando di emettere giudizi e di azzardare analisi psicologiche, raccontando le cose che accadevano mentre accadevano, per come le percepivo io stessa nelle mie diverse fasi di maturazione, restituendo quindi ai lettori la possibilità di esprimere un giudizio. Tuttavia, nonostante l’imponente campagna mediatica ostile che ha contraddistinto quei miei anni – oggi verrebbe definita “macchina del fango” – la mia proposta artistica fu talmente efficace, sincera e priva di presunzione, che il pubblico ha continuato ad amare i miei film e a esprimermi stima e affetto nel corso dei decenni. Io ho cercato di farmi conoscere per quella che sono davvero, praticando cose insolite per le colleghe mie pari di grado, andando in tv nei talk, rendendomi leggibile da tutti in maniera diretta: molte stagioni di tournée e di pubblico pagante a esaurire i teatri mi hanno confermato che i miei sforzi non sono stati vani.
La stima e l’affetto di questo vasto pubblico sono, insieme ai miei figli, la vera ricchezza della mia vita, che mi ripaga dei torti e delle ingiustizie subite. Riterrei però doveroso da parte dei tanti che avevano emesso nel tempo giudizi devastanti su me danneggiando la mia immagine, pur ignorando gran parte della verità dei fatti e prendendo le parti del più forte, il mio ex-marito, che si sforzassero oggi di leggerne la mia versione e prendessero a essere un po’ più onesti nei miei confronti. Questo libro, comunque, liquida definitivamente il mio passato
Nei panni di un’altra inizia con un evento doloroso, l’arresto del suo primo marito, Angelo Rizzoli. Nel libro, inoltre, ha raccontato tanti periodi difficili della sua vita, si è messa a nudo… Che valore ha, per lei, la verità?
La verità per me è stata un istinto fin da piccola, tuttavia il contatto con il mondo, a scuola e in famiglia, mi ha mostrato da subito delle scorciatoie che alle volte ho venialmente praticato. Sono sempre stata un tipo riservato, poco incline alle comitive e ai gruppi, dall’età di quattordici anni chiusa in una storia profonda con un ragazzo: ben presto mi sono resa conto che l’unica maniera per me possibile di porgermi fosse la verità, che spazzava via atteggiamenti e sovrastrutture ingannevoli anche negli altri. La verità è tutto, anche nelle cavolate
Verso la fine degli anni 70’ ha recitato in Cuore di cane e ha parlato di questa esperienza descrivendo una Cinecittà già in stato di degrado e semi-abbandono. Un tempo è stato il set del nostro cinema più bello… C’è chi vorrebbe persino chiuderla. Cosa ne pensa?
Passato il Neorealismo si era ricominciato a usare il teatro di posa, la ricostruzione, la scenografia e poi il sonoro col doppiaggio, e quindi tutte quelle lavorazioni sovrapposte. A metà del mio cammino, però, di colpo il Cinema tornò a farsi dal vero. Borotalco segnò il cambiamento: improvvisamente ci applicarono dei microfoni e si fece la presa diretta in ambienti reali, senza più stare in teatro nemmeno un giorno. Da lì il fluire della neo-verità, che ha reso obsoleti questi templi del Cinema che fu. Io non li demolirei, piuttosto li riconvertirei a utilizzi vivi (spazi aggregatori, mostre…). Mi chiedo anzi perché buona parte della tv non venga fatta a Cinecittà, proprio dentro i teatri di posa, e non già nei capannoni
Attrice, regista, sceneggiatrice, produttrice… e ora scrittrice. In quale altra veste la vedremo?
Mi piacerebbe restituirmi operosamente e silenziosamente al mio lavoro di attrice, per quello che riguarda la mia età. Sto ricevendo anche delle proposte, di cui un paio interessanti e inaspettate, in una tipologia di personaggio molto diverso da quelli fin qui interpretati. Staremo a vedere