Se fossero in Italia, i giocatori della #Croazia militerebbero nella Pro Patria di Busto Arsizio.
Sarebbero “i tigrotti”, maglia a strisce orizzontali bianche e blu, bandiera di antiche e rudi battaglie calcistiche primo novecentesche. “Dulce et decorum est pro patria mori””, scriveva Orazio quando ancora era dignitoso e dolce morire per la patria, che è la “terra dei padri”, modo fuori moda per dire quella cosa che tutti sanno senza dire. “Za dom, spremni!“, “per la patria, pronti!”, cantano i tifosi e qualche giocatore croato citando l’heavy metal anni Novanta dei Thompson, più che Ante Pavelic.
Tra la multiculturale e coloured nazionale di Francia, allevata nelle banlieu di Parigi e la truppa della #Croazia, i cui atleti da bambini sono stati forgiati dalla guerra, tra la Francia di 60 milioni di abitanti e la #Croazia di appena 4 (come la Puglia), tra la cattolica #Croazia e la Francia laica, è arduo capire chi di questa Europa ci molce il core.
Nove giorni fa, Salvini già leniva i nostri dubbi: «Tifo tutti ai Mondiali, tranne la Francia».