Quella Sacra Cintola che ha ispirato secoli di arte

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60049-unnamedTessuta in lana finissima, di colore verde pallido, broccata in filo d’oro, la Sacra Cintola conservata nella cattedrale di Prato è un simbolo della città. Secondo la leggenda, riportata da un testo apocrifo del V-VI secolo, la reliquia, che cingeva in origine il sudario del corpo della Vergine e da quest’ultima consegnata a san Tommaso, era giunta a Prato nel 1141 portata dal mercante Michele. Donata nel 1172 al preposto della pieve, aveva acceso un intenso culto. Una storia, come quella di altre reliquie, tra fantasia, fede, realtà.

Grazie alla leggenda il cingulum pratese ha ispirato dal XII secolo al XVII l’iconografia di sculture, dipinti, miniature di grande bellezza. Una sessantina adesso esposti nella mostra “Legati da una Cintola. L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città”, organizzata da Comune e Diocesi di Prato.  Curata da Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli si articola in sette sezioni nel Museo di Palazzo Pretorio della città (sino al 14 gennaio 2018, catalogo Mandragora).

Il primo impatto è con il Maestro di Cabestany, scultore romanico attivo tra Catalogna e Toscana nel XII secolo. La sua suggestiva lunetta in marmo bianco, del 1160 circa, giunta dalla chiesa di Notre -Dame-des Anges di Cabestany, è la prima rappresentazione nell’arte occidentale della Morte e Assunzione della Vergine che dona la cintola a Tommaso. Un pezzo precoce, raro, affascinante.

Subito dopo, il complesso e vivace dipinto d’altare realizzato tra 1337 e 1338 dal fiorentino Bernardo Daddi con l’Assunta e il dono della Cintola al santo, appare ricostruito nei suoi pezzi giunti da Prato, Roma e New York, dopo smembramenti e dispersioni. Un importante recupero, come dimostrano le piccole storie delle due predelle e   la cuspide con la Madonna che, dalla sua mandorla celeste sostenuta da angeli, sciorina la verde cintura al santo.

Già, perché la Madonna è spiritosa: offre la Cintola in modi diversi, secondo le interpretazioni originali degli artisti lungo i secoli, come testimonia la varietà di interpretazioni nel Trecento e Quattrocento. Basta guardare la magnifica scultura con la Dormitio Virginis di Niccolò di Cecco del Mercia, le tavole dipinte di Niccolò di Pietro Gerini, di Lorenzo di Bicci, di Filippo Lippi, le miniature delle botteghe toscane, per farsi un’idea. Ogni artista, ogni ambiente e ogni tempo ha un suo personale racconto. Non mancano, in mostra, documenti, antichi libri, e altre cintole a confronto, lombarde, lucchesi, genovesi, pisane.