I componimenti poetici di Tinti letti da Haber

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IMG_3306Sabato 20 maggio, in occasione della Notte dei Musei, presso i Musei Capitolini di Roma, Alessandro Haber ha letto alcuni componimenti poetici dello scrittore Gabriele Tinti ispirati ai capolavori della scultura antica. La lettura ha avuto luogo nel Salone del primo piano di Palazzo Nuovo ed ha rappresentato un’occasione unica per entrare in una differente relazione e conoscenza con i capolavori della statuaria romana attraverso la poesia di Tinti e l’interpretazione che ne ha fatto Haber. L’evento è parte del progetto complessivo dello scrittore centrato sui capolavori dell’arte classica. Progetto che ha visto coinvolti negli ultimi anni alcuni importanti attori (tra i quali Joe Mantegna, Robert Davi, Burt Young, Vincent Piazza, Franco Nero e Alessandro Haber) e alcuni tra i maggiori Musei al mondo come sono il Metropolitan di New York, il J. Paul Getty Museum ed il LACMA di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo e di Palazzo Altemps, la Gliptoteca di Monaco e il Museo Archeologico di Napoli.

Così l’autore ci ha spiegato la sua opera: «Questa serie di poesie ecfrastiche tenta di riattivare l’aura oramai persa dell’opera d’arte, di tutte quelle reliquie di mondi ed eroi, di un’umanitĂ , che non ci sono piĂą. Il tragico senso di morte, di vacuitĂ , che appartiene persino ai nostri capolavori che si vorrebbero eterni, l’indeterminatezza che ha circondato spesso le loro attribuzioni, il carattere talvolta puramente ipotetico degli studi, la frammentarietĂ  mutilata con la quale quasi sempre dall’antichitĂ  sono giunti sino a noi, mi hanno fornito lo spunto per parlare della caducitĂ  della vita, d’ogni opera dell’uomo, del significato del tempo per noi. “…Quel che riguarda il corpo è una corrente che passa, quel che riguarda l’anima sogno e vanitĂ ; l’esistenza è battaglia in terra straniera; la gloria postuma oblio” (Marco Aurelio), lenta caduta nella dimenticanza, nell’indifferenza dell’inorganico. Neanche le nostre opere ne sono immuni, così come ciò che piĂą veneriamo. Nonostante il nostro disperato tentativo di preservarle e di resistere».