Con la cultura si è uomini, non pupazzi. Si ha un volto riconoscibile. Essa è narrazione ed interpretazione del tempo. Non è il museo delle buone intenzioni, visitato da pochi e solo nel weekend. La cultura non si compra, magari per un ritorno elettorale. È generazione, eredità. Un teatro chiuso da mesi, o sempre vuoto; un bene culturale pieno di scritte, coperto di urina; città che snobbano le associazioni che promuovono la vita artistica, lasciate sempre a secco, senza un tema da ragionare. Isolare chiunque abbia qualcosa da dire, come pericoloso provocatore. Senza fondi dedicati, una programmazione ponderata, nell’epoca in cui l’assessore alla cultura lo vogliono fare in pochi, non rimane che sprofondare nel nichilismo della provincialità. Eppure con la cultura si mangia, parola del Centro Diego Fabbri. Essa vive ogni giorno per i suoi figli e basta poco per viverla. Portatela a cena, come a Forlì, dove una sera a settimana i ristoranti forlivesi “le” dedicheranno i coperti, per poi investirli in iniziative legate all’arte e alla cultura sul territorio. Forza commercianti, ristoratori italiani, replichiate, devolvendo parte dell’incasso settimanale al Comune o alle associazioni che si occupano di darle vita. Invitate a cena la cultura. Lei vi inviterà a vivere meglio.
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